Selezione Hip Hop di Maggio
Abbiamo preparato delle brevi recensioni per guidarvi all’ascolto di alcuni dei migliori progetti Hip-Hop del mese, selezionati per voi dalla redazione di Throw Up Magazine. Sintonizzatevi sulle nostre playlist di Spotify e… Buon ascolto!
Siamo all’incirca nel 2016 quando l’eclettico e misterioso personaggio, noto con il nome d’arte di Mach-Hommy, originario della metà più povera dell’isola caraibica di Hispaniola, l’ex colonia francese di Haiti, e cresciuto nel New Jersey, veniva reclutato dal carismatico leader della Griselda Records, Westside Gunn. Prima in qualità di videomaker e poi di brillante MC, Mach-Hommy, grazie al suo estro artistico, entrava, infatti, immediatamente nelle grazie dell’ambizioso e visionario rapper e imprenditore di Buffalo, che fin da subito lo aveva coinvolto in diversi progetti tra cui “FlyGod”, “Don’t Get Scared Now”, (uno dei progetti di culto firmati GxFR della prim’ora) e ne aveva diretto l’album HBO (Haitian Body Odor).
L’idillio artistico tra i due però si incrinò improvvisamente, quando nel 2017, vennero alla luce alcuni dissapori tra God Fahim e Westside Gunn, e il rapper haitiano prese le parti del primo. Dopo aver continuato, imperterriti, per qualche anno, ognuno il proprio incredibile percorso artistico, lo schivo rapper di origini haitiane, pur non amando la luce dei riflettori e tenendosi lontano dalla bagarre dei social media, grazie ad uno stile unico al mondo, in cui spesso mescola l’inglese al creolo haitiano, ha trovato il favore del più importante magnate dell’Hip-Hop mondiale, Jay-Z in persona.
Immaginiamo che il potentissimo miliardario proprietario della Roc Nation, profondo estimatore del genio artistico di entrambi, abbia giocato un ruolo importante nel riavvicinamento tra Westside Gunn e Mach-Hommy, conoscendo la potenzialità di un ritorno in casa Griselda di quest’ultimo. Probabilmente non sapremo mai i retroscena di questa storia, ma quello che possiamo dirvi con certezza è che l’eclettico MC haitiano tornato sotto la direzione del leader di Griselda, con “Pray For Haiti”, ha regalato a tutti gli amanti dell’Hip-Hop una perla, che brilla per originalità ed estetica. Una notizia fantastica per gli amanti di questa Cultura e un segnale importante per questo periodo “rinascimentale”.
L’atteso ritorno discografico di quello che è considerato uno dei liricisti più forti dell’ultima decade, J. Cole, a quasi 3 anni dal suo ultimo album solista K.O.D., in pochi giorni si trovava già in vetta alle classifiche statunitensi. Un grande successo, in un certo senso inaspettato, visto che Il nuovo album Off-Season incarna un’attitudine più da mixtape, rispetto gli album fortemente personali e “ragionati” a cui ci aveva abituato l’MC della North Carolina in precedenza.
Un approccio più libero da certi schemi, appunto, da “off-season” (gergo usato per definire il periodo d’intervallo tra una stagione sportiva professionistica e l’altra) ha, forse, premiato J. Cole, nonostante Off-Season rimanga un disco puramente Hip-Hop e denso di spunti intelligenti, come quelli a cui ci ha abituato in passato.
Anzi, potremmo dire che questa maggiore leggerezza nell’approcciarsi alla costruzione dell’album, mantenendo comunque un livello di contenuti sopra la media, abbia dato a J. Cole la libertà di provare le sue grandi capacità liriche, adattando il suo flow alle diverse atmosfere, senza sentire il peso di rimanere intrappolato in un processo di “overthinking” (come oltreoceano dicono quando una persona ragiona troppo, rimanendo incastrato nei propri pensieri). Un’altra spiegazione, forse ottimista, di questo successo potrebbe essere che in America, anche, parte del grande pubblico del Rap finalmente, si sia stufata della musica di gomma e commerciale che ha dominato le classifiche negli ultimi anni.
In tempi di acque agitate e mareggiate, quelli che più di tutti sanno come mantenere la rotta ed uscire dai propri rifugi, muovendosi a loro agio tra squali e burrasche, sono i pirati. E c’è un pirata navigato che da anni si aggira, sottotraccia, negli abissi della scena underground Newyorkese, conosciuto con il nome di battaglia di Knowledge The Pirate. I più attenti lo avranno sentito in passato più volte, al fianco del capitano leggendario di Long Island (New York), Roc Marciano.
Knowledge The Pirate solca le acque torbide delle strade di New York, con l’esperienza e la sapienza di un vecchio lupo di mare, costudendo un tesoro di esperienza e conoscenza di inestimabile valore. Ma un buon capitano, non può andare da nessuna parte, senza una ciurma ugualmente valida. Ad assisterlo, infatti, troviamo un equipaggio tra i più validi in circolazione di cui E.L.E.M.E.N.T al timone delle produzioni, Stove God Cooks e Rome Streetz con rime affilate tra i denti, pronti ad assalire i vascelli nemici. “Hidden Treasure”, ultima impresa del rapper newyorchese, è già leggenda sui mari, quelli meno battuti dalle rotte marittime del mainstream.
Philthy Rich per chi non lo conoscesse, è un prolifico rapper di East Oakland, nella zona della cosiddetta Bay in California, con una carriera decennale alle spalle e dozzine tra mixtape e album ufficiali. Molto prima di considerare di intraprendere una carriera con il rap, però, Philty Rich, era rimasto impantanato nella vita di strada, facendo avanti e indietro dalla galera.
East Oakland, infatti, dove è cresciuto, è sempre stata una delle realtà più difficili della costa Ovest degli Stati Uniti, ma Philthy stanco di condurre uno stile di vita, più dannoso che altro, ha deciso di prendere in mano il microfono, nonostante avesse già ampiamente superato il ventesimo anno d’età, decidendo di concentrarsi sulla musica ed entrando a far parte della Thizz Entertainment Records, etichetta del leggendario rapper della Bay Area, Mac Dre (R.I.P). Dopo aver pubblicato numerosi album e progetti, racchiusi in solo una decina di anni, Philthy Rich, che nel frattempo ha anche fondato una propria realtà indipendente con cui aiuta i ragazzi del suo quartiere a fare musica, è oggi all’apice della sua maturità artistica. Il suo ultimo album “Phillip Beasley” è un disco personale e solido. La dimostrazione lampante del suo percorso e di dove dedizione e passione possono portarti.
A dividere la città canadese di Toronto e il confine settentrionale dello stato di New York c’è, solamente, qualche decina di chilometri, e ciò ha sicuramente influito in maniera determinante sulla crescita della scena Hip-Hop underground nel capoluogo dell’Ontario. Infatti, gli influssi musicali provenienti dalla regione settentrionale degli Stati Uniti, che va da Rochester a Buffalo, hanno contribuito ad ispirare decine di MCs canadesi nel perseverare a rimanere fedeli ad un suono Hip-Hop classico e sporco, concentrandosi sulle loro skills liriche.
Asun Eastwood, nativo del Belize, ma cresciuto sulle sponde dell’Ontario, è sicuramente uno dei rappresentanti più validi di questa ondata di talento e da qualche anno continua, progetto dopo progetto, a cementare la sua reputazione, diventando uno dei nostri liricisti preferiti in assoluto.
Il suo ultimo album, intitolato “S.O.U.L”, acronimo di Science Of Understanding Life (la scienza di capire la vita) è a tutti gli effetti, finora, l’opera più rappresentativa del talento narrativo di Asun Eastwood. Un talento, che non è conseguenza di una particolare dote innata, ma che è frutto di costanza, delle tante esperienze di vita vissuta sulla propria pelle e della sua capacità di rielaborarle in forma lirica, in questo caso, sugli ottimi beats di Finn.
Asun Eastwood, che è un uomo adulto, padre di famiglia, con S.O.U.L ci offre un racconto autobiografico del suo passato nelle strade di Toronto, con la maturità e la capacità di analisi di chi ha superato e masticato i tanti gli ostacoli che la vita gli ha messo davanti.
Insomma, se eravate alla ricerca di Rap per adulti, Asun Eastwood vi offrirà sicuramente tanti spunti interessanti.
Chi ci segue, avrà già sicuramente letto sulle nostre pagine di come Rochester, cittadina nella parte più settentrionale dello stato di New York, sia in questi anni fulcro di un prolifico ed eccezionale movimento di underground rap hardcore di strada, grezzo e sporco, che calza perfettamente le atmosfere fredde e buie dell’Upstate NewYork. Tra i principali attori di questa ondata ci sono sicuramente i membri della crew DaCloth, di cui, accanto a nomi come Rigz, M.A.V, Mooch e altri, fa parte anche Symph, che assistito dalle produzioni del beatmaker britannico Hobgoblin, ha pubblicato un progetto che incarna perfettamente lo spirito e le vibrazioni della crew che rappresenta. Il disco di Symph, Cloth Ties, è, infatti, un viaggio a tinte scure nelle strade di Rochester, con atmosfere che ci riportano allo street rap underground che una volta rappresentava il suono dei five boroughs newyorchesi e dimostra, per chi ancora non ne fosse a conoscenza, di come la crew DaCloth sia sempre più uno dei collettivi più forti e hardcore, là fuori.
Bellavista EP del MC toscano, Creep Giuliano, è, finalmente, una ventata di aria fresca per quello che riguarda la scena italiana! Quando dietro un lavoro, seppur di breve durata, c’è una chiara visione artistica e consapevolezza di quello che si sta creando e si vuole comunicare, il risultato è un evidente coerenza ed originalità musicale. Un disco inteso come opera da prendere nel suo insieme e non come un collage di tentativi di svoltare con una hit.
In questo difficile compito è riuscito Creep Giuliano, rapper unico nel panorama italiano, che, per accompagnare le proprie rime semplici e fresche, ma mai banali o scontate, sceglie un bellissimo tappeto musicale creato da Alsogood, che in altri periodi, sarebbe stato perfetto come sottofondo di un aperitivo “pettinato” sul lungomare.
Creep Giuliano si conferma uno dei nomi da tenere d’occhio all’interno di quella nicchia italiana che guarda allo stato di salute della scena underground oltreoceano, per trarne ispirazione, cercando di portare anche qui da noi, quell’aria fresca e positiva di cui la scena italiana ha bisogno come ossigeno.