Da Roma Nomentano un fiume di barre. Intervista a Lord Madness.
Lord madness racconta a ThrowUp magazine del suo amore fin da bambino per l’HipHop, del senso di appartenenza al quartiere, dei suoi album solisti e molto altro…
Partiamo con la prima domanda di rito: come e quando ti sei avvicinato alla cultura Hip Hop?
Guarda ero molto piccolo, avevo sentito random qualcosa qua e là e la faccenda già’ mi “ puzzava” di attitude e background di quartiere nei quali mi riconoscevo. Casualmente avevo un negozio di dischi vicino casa in cui potevi trovare tra le varie sezioni anche quella hip hop: “Bigger and deffer” di LL Cool J fu il mio primo cd, da lì cominciai ad appassionarmi seriamente alla cosa. Per la cronaca avrò avuto poco più di 10 anni.
Chi sono gli artisti che ti hanno ispirato quando hai iniziato? Ed invece, oggi, quali sono gli artisti che ti influenzano maggiormente?
Uno dei primi, oltre a Cool J, fu Lord Finesse che mi aprì molto la visione del rap facendomi scoprire uno stile new school, però non posso dimenticare i Geto boys e i Run Dmc come tra i primi gruppi che mi fecero intuire la sconfinata varietà’ di suoni in base al posto di provenienza. Oggi vengo influenzato di meno da quello che ascolto, anche se inconsciamente qualche vibra mi arriva. Cassidy, Cory Gunz. Griselda, Meek Mill, Dave East, Kendrick Lamar, Styles P, Crooked I… ne dimentico tanti perché ascolto veramente troppa musica.
Nel 2010 esce il tuo primo disco ufficiale “Suicidio”! 17 tracce, più di un’ora di contenuti, punchline, incastri metrici, tecniche: hai impiegato molto tempo a realizzare questo progetto o è nato tutto in maniera molto “naturale” ? Cosa puoi raccontarci del tuo processo creativo?
Ora ricordarmi tutto nei minimi dettagli mi è impossibile. Avvenne tutto in modo naturale e molto incosciente direi, era il mio primo disco solista quindi ancora c’era un po di inesperienza. Però, nel suo piccolo, per la gente che mi segue, è un classico del rap italiano, tra la versione in cd e la stampa in vinile avrò venduto quasi 3 mila copie e ancora me lo chiedono, anche se per il momento è sold out!
In molti dei tuoi brani citi Roma-Nomentano, quanto sei legato a questo quartiere ? Secondo te perchè nella cultura Hip-Hop “l’appartenenza” è un concetto così importante?
Il quartiere ti cresce, ti forma, non è importante solo nell’Hip Hop ma è proprio curriculum di vita. Io nel mio quartiere sono sempre stato una mosca bianca, “quello strano” per intenderci. Essendo posto di destra, ho dovuto conquistarmi il rispetto, non abbassando lo sguardo nemmeno quando i coattelli venivano a “bullizzarmi”, poi mi sono fatto gli amici giusti e non mi ha rotto le palle più nessuno. Perché una cosa è un coniglio che fa il duro con uno più’ piccolo, un’altra cosa è quando quello più piccolo c’ha l’ amici criminali.
Nel 2013 esce la Deadman Walking Version di “Suicidio Fallito”: la bonus track “Smokin’ Sessione” viene introdotta da Primo Brown (R.I.P.), ti va di parlarci del rapporto che avevate? Com’è nata questa collaborazione?
Con Primo ho collaborato in tante tracce, mi passavano spesso a Radio Bomboclat e lo beccavo in giro tra live e studi. Era e rimane una gran persona come un grande artista… il suo spirito suonerà’ per sempre. Ciao Da’.
Uno dei tuoi progetti più recenti risale al 2016, il “Grande Addio”, un disco, denso di barre come al solito, a tratti ironico, ( a volte anche “blasfemo”) e a tratti “conscious”. Qual è il “concept” dietro questo album, perché proprio “Il Grande Addio”?
Il concept è questa sorta di bipolarismo estremo raccontato in “Michele vs Maddy”, dove vengo ipnotizzato e vengono fuori le mie due personalità totalmente opposte stile Dr Jekyll e Mr. Hyde. Mi piace sia portare ironia che è parte del mio carattere come anche modo per affrontare la vita, una sorta di protezione, ma sento anche la necessità di parlare di me in prima persona, autobiografia come nella title track “Il grande addio”.
Nel tuo ultimo progetto “Leggenda Vera”, abbiamo notato un Lord Madness, in qualche modo, diverso dal solito. Cosa c’è dietro questa evoluzione, qual’è il significato della traccia “La tristezza di Pierrot”? Ti va di parlarcene?
Ogni disco voglio sia diverso, la vita cambia, la mia spesso, quindi di conseguenza la musica a partire dalla scrittura come dal sound. Il Pierrot che ho dentro piange perché inguaribile romantico e malinconico, vede tante difficoltà, però non è un Pierrot che si abbatte proprio perché’ amante della vita e con mille passioni e obiettivi.
Il nostro magazine “Throw Up” si occupa, anche e sopratutto, di Writing e Street Art: che rapporto hai tu con questa disciplina dell’Hip-Hop? Hai mai disegnato? Come consideri lo “stato” di queste due discipline della stessa Cultura?
Quando ero ancora un “piccolo Maddy” la cultura Hip Hop, malgrado avesse poca esposizione, era unita. Tutti, me compreso, provavano a cimentarsi in ognuna delle sue discipline: facevo beat box, ballavo per strada sui cartoni e smazzavo qualche tag in giro. Conoscevo una marea di writers, poi la stazione Nomentano era bombardata, quindi io rimanevo ore a guardarmi sti pezzi, accompagnavo la gente a pittare, ma non ho mai avuto il talento nel dipingere quindi al massimo ero un portaborse o quello che gli passava le bombolette mentre erano al lavoro. Comunque taggavo in giro pure io come un matto poi ho capito che la mia strada sarebbe stata un’altra.
DJ Fast Cut! Da anni ormai collaborate insieme, come vi siete conosciuti?
Ci siamo conosciuti ai tempi degli “Inquilini” (il mio vecchio gruppo). Per la cronaca non ho più rapporti con Fastcut da quasi un anno mi sa.
Il tuo ultimo progetto non è uscito da molto tempo, ma hai già progetti per il futuro? Puoi anticiparci qualcosa ?
Sto lavorando a tanti feat e a qualche singolo nuovo che sarà il preludio di qualcosa di grande, non credo possa anticipare ancora nulla… bella regaz!