L’epica storia di Tragedy Khadafi, raccontata da lui stesso.
Questa storia epica, raccontata attraverso le stesse parole del suo leggendario protagonista, inizia in un’epoca in cui New York era colpita da una tragica epidemia di crack. Stava crescendo nelle condizioni più disperate e l’hip-hop, quindi, era effettivamente usato per salvare vite umane. Prima ancora del sogno di una carriera, ha dato la possibilità ai ragazzi di esprimere la propria arte a 360°, dal Rap ai graffiti o al ballo, senza alcun mezzo se non il proprio talento, il proprio “trambusto” e la propria visione. Il protagonista di questa storia è stato probabilmente il rapper preferito del tuo rapper preferito, ha collaborato con le più grandi leggende del rap newyorkese, da Marley Marl a Nas, Cormega e Mobb Deep. Ha ispirato generazioni di rapper di strada per gli anni a venire, ha fondato un’etichetta indipendente da adolescente alla fine degli anni ’80, quando ancora era praticamente impossibile per un ragazzino del ghetto, ha creato classici immortali come “Tragedy: Saga of a Intelligent” Hoodlum”, “Against All Odds”, “Still Reportin’” o “The War Report” con i CNN. Ha attraversato l’inferno delle trincee dei ghetti e le prigioni per trovare la propria strada verso la Conoscenza di sé. Ecco la storia di Tragedy Khadafi raccontata da lui stesso.
È davvero un onore per noi poter porre alcune domande a una leggenda come te! Ascoltando quello che racconti nei tuoi brani e interviste o guardando il documentario “Tragedy: the story of Queensbridge”, non si può che venir colpiti dalla tua storia, che inizia in un vero e proprio contesto “tragico”: sei cresciuto senza padre (ucciso molto giovane), tra povertà estrema e problemi di tossicodipendenza in famiglia. Puoi dirci com’è stato per te crescere nelle strade del Queensbridge e di New York quando eri un bambino?
State guardando ad altri tempi. Un’era differente. Le cose erano molto diverse da come sono ora. Allora il crack era pressochè una novità e l’intera epidemia di crack ha davvero distrutto molte comunità. Tante comunità vennero disintegrate e ciò afflisse un sacco di persone. Perciò, senza dubbio, io non ne fui esente e ciò rese le mie sofferenze molto più dure all’epoca, perché la dipendenza dalla droga colpì mia madre e la mia famiglia, in quanto divennero tossicodipendenti. Cosa che non mi vergogno di ammettere e di parlarne poiché sono fiero di mia mamma, perché ha superato un sacco di queste sofferenze. Per un po’ è stata davvero una sfida. Davvero difficile. Sembrava tutto cupo. Un futuro nella musica è qualcosa che sognavo e a cui mi sono aggrappato, ma allo stesso tempo sembrava quasi impossibile. Così come era un sogno e ci credevo. Allo stesso modo sembrava impossibile.
Per me crescere a quei tempi significava dover sopravvivere e letteralmente vivere. E non solo prendermi cura di me stesso, ma anche della mia famiglia. Ero il più grande di cinque fratelli. Perciò avevo tante responsabilità sulle spalle e ciò che stava succedendo con l’epidemia di crack era in pratica un genocidio. Un genocidio chimico e sistematico delle communitò nere e urbane, che poi penertò anche nei dintorni.
Colpì anche me, perché l’ho venduto, usato e, ovviamente, in giovane età mi ha fatto smarrire per le strade in molti modi diversi, lasciandomi delle cicatrici. Quindi, ovviamente, a volte ciò ha influenzato anche la mia crescita nella musica. Perché le persone dicevano sempre: “perché Tragedy non è uscito su ‘The Symphony’?” Perché sono stato dentro. Facevo la vita di strada. Perciò, per quanto la gente ami la mia autenticità nella musica e la mia cosiddetta ‘realness’. esiste sempre un prezzo da pagare per tutto ciò. Ho sempre avuto un piede nella musica e l’altro nelle strade e nel crimine. E c’è un prezzo per questo.
Inoltre, so che sono benedetto perché sono stato capace di attraversare tutto ciò e venire influenzato da molti grandi artisti che all’epoca non erano conosciuti e famosi o influenti, in quanto divennero molto più grandi in seguito. All’inizio della loro carriera non erano così influenti. Non erano così popolari. Non avevano la fama. Così ho avuto modo di vedere molti giganti dell’hip hop nelle loro fasi iniziali e condividere esperienze con loro e ottenere lezioni preziose per la musica, ma non solamente riguardo la musica, ma anche riguardo la vita.
Era un dono e, allo stesso tempo, una maledizione vivere a quei tempi ed essere Tragedy a quei tempi. Devo guardare a ciò per quello che è stato ed esserne grato, perché io che sono stato fortunato e benedetto, perché un sacco della gente con cui sono cresciuto… Non ho persone che conosco dal “giorno-zero”, perché la maggior parte di loro è stata uccisa. La maggior parte di loro è morta o è stata uccisa.
Ti ricordi quando e perché hai iniziato a scrivere le tue prime rime? E Intelligent Hoodlum è stato il tuo primo nome d’arte o avevi anche un altro nome prima?
Ero in seconda elementare e ho comprato il mio primo disco dalla Top Ten Records che era il negozio di dischi di zona nel Queensbridge. Vendevano caramelle a un penny, dischi ’45 e 12 pollici e vendevano erba sul retro. Comprai Spoonie G “Love Rap” e avevo un giradischi di Mickey Mouse. Ho risparmiato i miei soldi impacchettando buste e riuscii a comprare quel disco e ho suonato quella roba, fino a quando praticamente non potevo più suonarlo. Memorizzai dove prendeva fiato. Memorizzai ogni doppia. Ogni drop. Ogni singolo suono all’interno della traccia. La sua cadenza. Tutto quanto. Una volta che lo memorizzai e imparai tutto, ho tentato di scrivere la mia prima rima, che ricordo ancora. Quando ho scritto la mia prima rima, il mio nome era in realtà Jade Ski. Quello fu il mio primo nome nel rap. Quindi Intelligent Hoodlum non è stato il mio primo nome o il mio primo disco.
Il primo pezzo che feci fu “Go Queensbridge” e fu registrato live in una pista di pattinaggio chiamata USA. Quando, ai tempi, tutti nell’Hip-Hop venivano a cantare nel Queens, alla pista di pattinaggio di Queued Boulevard. Uno dei miei primi DJ, che è una leggenda del Queensbridge, chiamato “Hot Day” lavorava lì come DJ. Ci chiamavano i Super Kids.
Puoi dirci di più sui Super Kids, il tuo primo gruppo?
Dunque eravamo io e Hot Day. Avevamo il pezzo “Go Queensbridge” e facemmo un altro brano intitolato “Coke is It.” “Coke is It” fu il secondo singolo che facemmo e lo registrammo con la NIA records di Marley (Marley Marl – Queensbridge Hip-Hop legendary pioneer – ed’s note). Perciò passai da essere MC Jade Ski al gruppo chiamato Super Kids, finché Marley fece uscire The Tragedy “Coke is It.” Pensavamo che Marley non si stesse muovendo abbastanza velocemente per noi. Quindi io e Hot Day siamo stati tra i primi artisti indipendenti a fondare la propria etichetta, che si chiamava Hot Day Records.
Io avevo tipo 13 anni e lui ne aveva 15. Abbiamo fondato un’etichetta indipendente e abbiamo stampato il nostro disco. Abbiamo lavorato con un tizio di nome Aaron Fuchs che aveva pubblicato i dischi di Spoonie G. In effetti, la traccia “Go Queensbridge” era tratta da uno strumentale di Spoonie G e si chiamava “Take it Off”. Lo portammo alla radio e iniziarono a far girare la nostra versione “Go Queensbridge” più del disco di Spoonie G. Dunque, Aaron Fuchs che era presidente e proprietario della Tuff City Records chiamo la stazione radio e bloccò il nostro pezzo, perchè stavamo girando più del loro brano originale.
Questo è qualcosa che realizziamo da ragazzini. E fummo pionieri di quel movimento indipendente di MCs che lanciavano la propria etichetta. Facemmo ciò prima della No Limit, prima della Cash Money e prima che tanti di questi indipendenti prendessero forma. Tutti correvano dalle Major. Tutti volevano un budget. Sentivamo che Marley non si stava muovendo abbastanza velocemente ed era il nostro unico vero collegamento con il mondo dello spettacolo e con l’industria musicale. Quindi l’abbiamo fatto da soli. È così che si sono formati i Super Kids. Dopo di che, come ho detto prima, ho sempre avuto un piede nella musica e uno in strada.
Com’è stato il tuo primo incontro con Marley Marl e come sei entrato a far parte della Juice Crew?
Fui introdotto nella Juice Crew e fui in grado di partecipare al singolo “Juice Crew All Stars” ma, poco dopo, fui incarcerato certo e quello è stato il momento in cui Marley fece “The Symphony” e questo è il motivo per cui non sono su “The Symphony.”
Puoi raccontarci la storia dietro il tuo nome Intelligent Hoodlum e quando e perché, a un certo punto, diventi Tragedy Khadafi?
Intelligent Hoodlum non è mai stato il mio nome. Intelligent Hoodlum era un concetto con cui venni fuori, dopo che tornai a casa in seguito alla mia prima condanna. La prima volta che andavo in carcere. Quando tornai a casa io ero l’unico che aveva due singoli su “In Control Volume 1″ di Marley Marl. Erano “Live Motivator” e “The Rebel”.
Ero un sedicenne nella prigione di Elmira State, in un carcere di massima sicurezza con gente che stava scontando doppi ergastoli. Perciò mi trovo ad essere un ragazzo di 70 chili, 16 anni, durante il periodo adolescenziale che scontava una condanna. Non ero nemmeno alle superiori ed ero nel nord dello Stato, in un carcere di massima sicurezza con killer e i peggiori criminali dello stato di New York. Perciò là imparai tanto, perché vidi cose orribili. Alcune cose che ti alterano la vita, cose che ho visto accadere a certe persone. Per grazia di Dio, nessuna di queste cose capitò a me. Era come se fossi protetto. Come se ci fosse una bolla intorno a me.
All’epoca non mi rendevo conto di quanto fosse pericoloso trovarsi lì dentro. Fino a quando non sono tornato a casa, sono cresciuto e mi sono guardato indietro. Anche ora mi guardo indietro e penso che quella merda è pazzesca.
Ma mentre ero incarcerato, incontrai degli individui che sono ancora dentro. Non sono ancora tornati a casa. Stiamo parlando di 30-qualcosa anni fa. Probabilmente non usciranno mai. Molti di loro mi donarono delle perle. Perle mentali. Gioielli per la mente. Mi fecero leggere certe cose e osservarne meglio altre.
Prima di essere portato via, ero ignorante su un sacco di cose. Sono stato sempre sveglio in termini accademici. La scuola per me era facile. Avrei potuto diplomarmi, ma il mio comportamento e la mia condotta erano minacciose, perché ero un ragazzino che là fuori moriva di fame. Venivo da una casa poverissima. Non è mai stato un problema per me imparare o avere le capacità di imparare. Specialmente quando si trattava di scienze o letteratura. Ho sempre eccelso in quello. Il mio comportamento mi ha ostacolato perché stavo attraversando molte cose emotivamente e mentalmente che un bambino non dovrebbe mai affrontare. Portavo sulle spalle un grande fardello e molto peso. Non per farne una storia triste perché ciò alla fine mi ha plasmato in quello che sono. In realtà sono grato per queste lezioni di vita, ma hanno avuto un grosso impatto su di me e ora metto a nudo alcune delle cicatrici.
Mentre ero incarcerato, dunque, incontrai alcuni individui molto seri, di cui avevo un grande rispetto perché mi donarono del sapere che mi aiutò a cambiare la mia vita. Non avevo avuto un padre attivo o un padre consistente nella mia vita. Perciò entrai in età adulta con persone che la nostra società etichetta come minacce, animali, selvaggi e distruttori di vita. Ma alcuni di loro, durante la loro incarcerazione e nei loro momenti di isolamento dalla società, sono diventati molto perspicaci e molto intelligenti e mi hanno passato un sacco di conoscenza. Facendone una storia lunga ancora più lunga…
Iniziai a prendermi dei libri e a ricevere informazioni sulla mia gente, di cui non ero a conoscenza prima della mia incarcerazione. Pensavo che i neri vivessero per essere assassini e gangsters, spacciatori e papponi e commettessero le peggiori violenze per essere rispettati nell’ambito ristretto del quartiere. Quando, in realtà, la vita, il mondo e la qualità della vita erano molto più grandi in valore e meritevoli di essere vissuti.
Ma questo è qualcosa di cui non avevo conoscenza e non capivo finché non scoccò la scintilla incontrando gente come Daddy O Hicks, Tony Rome, Malik Allah e il fratello Hassan. Questi individui mi iniziarono a far leggere libri come “Manchild in the Promised Land” (di C.Brown n.d.r) , “Col sangue agli occhi” (dei fratelli Jackson n.d.r) e iniziai a vedere una storia ricca con il mio popolo che era coinvolto nella realizzazione di cambiamenti e nel combattere il sistema per la giustizia e l’uguaglianza della mia gente. Mostrando un lato diverso, un diverso carattere e disegno per la mia gente al di fuori della criminalità. Oltre al detrimento. Oltre alla distruzione.
Mi aprì così tanto la mente che quando tornai a casa e vidi “Night of the Living Baseheads” dei Public Enemy nello show di Ralph McDaniels, mi fece andare fuori di testa, perché, quando ero dentro, l’unica persona che faceva quel genere di video era Michael Jackson. Facendo mini film con dentro degli sketches. Entrava ed usciva dalla canzone. Entrava in diverse scene ed immagini e ciò mi mandava fuori. C’ero rimasto, tipo: “Si può davvero fare ciò?”. E il mio socio mi disse che quello era lo stesso gruppo che aveva fatto “Public Enemy Number One”. Mi portarono in una direzione di consapevolezza e conoscenza totalmente differente.
La scintilla iniziale era partita in prigione, ma era un processo e una transizione così importante che quando tornai a casa e iniziai a tornare a fare musica, ero come convinto di voler chiamare il mio album Intelligent Hoodlum. E la scintilla si accese anche quando lessi l’“Autobiografia di Malcolm X” di Alex Haley. Infatti, c’è un capitolo nel libro chiamato “Hoodlum” (balordo n.d.r). Ero diventato più consapevole del mio popolo e della ricca storia del mio popolo, non solo delle loro origini in Africa, ma delle loro lotte e di come si sollevarono per far progredire la loro vita ed educare se stessi nelle terre selvagge del Nord America. Mi ispiravo alla storia di Malcolm X perché mi ci identificavo. Lui era me ed Io ero lui. Mi aprì molto in termini di possibilità. In termini di educazione. La differenza tra essere istruiti ed essere qualificati.Si può essere istruiti senza essere andati all’università. Malcolm X mi mostrò come poterti istruire da solo. Lui insegnò a se stesso. Divenne talmente bravo ad articolare sé stesso da influenzarmi. Perciò quando tornai a casa dalla prigione, la mia direzione cambiò totalmente. ù
Quando mi guardo alle spalle, penso di essere passato da zero a mille. Fu molto fluido, perché passai da essere Tragedy a che le persone mi chiamavano Intelligent Hoodlum. Intelligent Hoodlum non è stato mai il mio nome. Chiamai così il mio primo album ufficiale “Intelligent Hoodlum”.
Perché a un certo punto diventi Tragedy Khadafi?
Khadafi è nato quando l’Hip Hop ha iniziato a prendere una direzione diversa e c’erano i Wu Tang e diversi gruppi che assumevano e adottavano i termini della mafia. Non fraintendermi, ho amici che amo che sono italiani e che mi stanno molto simpatici. Ma parlo del tema commerciale e il simbolismo commerciale della mafia, basati su alcuni tratti e pratiche dei circoli e delle famiglie della vecchia mafia. Inizialmente, quando il pubblico è venuto a conoscenza di ciò che facevano, hanno iniziato a creare film come “Il Padrino”. C’era una scena nel “Il Padrino” in cui c’è una riunione della commissione in cui parlavano delle droghe come mezzo per potenziare la loro organizzazione, vendendo eroina. Uno dei capi al tavolo diceva: “Basta che non lo vendi alla nostra gente, vendilo ai neri e agli ispanici e lascia che perdano l’anima”. Lo accettai perché sapevo che c’era qualcosa di vero in ciò.
Tutti noi sappiamo che i film sono inventati e romanzati, ma qualcosa in me sapeva che c’era qualcosa di valido in quella frase e che quella era la direzione in cui guardava la mafia. E semplicemente non potevo prendere il nome di una persona, che almeno come veniva ritratta nei film, avrebbe guardato a me o alle persone come me come persone senza alcun valore e così sacrificabili. A quei tempi era popolare e i ragazzi usavano questi alias.
Perciò volevo prendere il nome di qualcuno che fosse un ribelle, che fosse visto all’epoca come qualcuno anti-establishment. Ma, allo stesso tempo, mi rispecchiasse e fosse forte. Guardavo a diversi tipi del Medio Oriente e dell’Africa e Gheddafi mi attirava. Mi piaceva la sua storia. Era il presidente della Libia. I senzatetto erano l’1% nel suo paese. Sosteneva le nuove coppie di sposi e gli dava degli aiuti monetari. In seguito fece un discorso potente all’ONU dove diceva “Tutti gli Africani Uniti”. Perché riconosceva di non essere un cosiddetto ‘Arabo’, ma che era Africano. Questo è quello che è importante per me.
Non sono contro i bianchi. Sono per i neri. Ma essere per i neri, non mi rende contro i bianchi. Se tu non ami te stesso, come farai ad amare me? Amo essere nero e amo i neri. Non sono favorevole a denigrare me e quelli come me. Quindi non potevo non assumere quel tipo di nome. E così che nasce Khadafi (Gheddafi). Così nasce Tragedy Khadafi. La cui cosa aiutò anche a innescare il concetto del “terzo mondo”, che portò a “War Report” e ai CNN, e l’infusione dell’arabo e di termini simili nella musica.
Negli ultimi anni hai continuato a fare musica e a pubblicare alcuni progetti. Puoi parlarci del tuo ultimo album con il produttore BP e della vostra connessione?
Ho pubblicato molti dischi indipendenti dalla mia stessa etichetta. Non inseguendo budget e anticipi, perché ho capito e realizzato di essere io il prodotto. Io sono il piano, io sono la merce. Io ho una fan base. Potrebbe non darmi un ritorno economico immediato come un anticipo, ma ora in quanto artista credibile…alla gente piace chiamarmi leggenda e tutte quelle cose, ma, come minimo, a me piace considerarmi un pilastro e una pietra miliare almeno per il contributo che ho dato alla cultura in sé. Ho dei rapporti per cui non ho bisogno di un budget esagerato per fare un disco di qualità. Perciò ho visto il valore di utilizzare questo tipo di connessioni.
Durante questo cammino ho incontrato gente come Menza di Deep Concepts Media che mi ha contattato e mi ha detto: c’è questo produttore che vuole fare una canzone con te. Perciò andai in studio, feci un verso e conobbi BP in uno studio a Long Island. Una cosa sicura su di me è che sono capace di capire quando c’è chimica. Ed è qualcosa che non puoi fingere. Ci sono tipi che provano a comprarsi la formula e ad inseguire gente che ha un nome. E lo capisco. Ma c’è più valore e sincerità quando hai una connessione naturale con qualcuno. E potrebbe non essere personale fin da subito, ma quando c’è qualcosa a livello musicale, ciò è qualcosa che non sottovaluto.
In ogni caso, quando conobbi BP vidi l’unione in anticipo. Feci la mia strofa e, a volte, io sono aggressivo quando vedo qualche cosa. Non so come chiudere la bocca. Quando vedo qualcosa devo dire la mia. E ho detto una cosa come: “facciamo un EP!”. Perciò BP essendo il creativo qual’è, in realtà aveva altre cose pronte. Perché lo sapete, a volte incroci un beatmaker, altre un producer (e c’è una grande differenza). Alcuni tizi fanno beat che spaccano. Altri sono produttori che incorporano il beatmaking ad arrangiamenti e li trasformano in una produzione di livello. Ma quando incontrai BP, lui ha capito quale fosse la mia strada e cosa volevo fare. Perciò ci siamo beccati e abbiamo fatto “Immortal Titans”: è stato un flusso naturale.
Devo elogiare BP a livello personale, non solo per il fatto che fa dell’hip hop pazzesco, folle e bellissimo, e non è una stronzata. È semplicemente fantastico nel fare la roba che fa. La qualità del suono, la sua conoscenza, i suoi pattern sono brillanti e si adattano a me. È una buona combinazione. Ma anche a livello personale, anche se siamo entrati in sintonia più tardi, BP mi ha aiutato molto a livello personale per quanto riguarda il semplice essere umano e lo rispetto. Quindi, quando è arrivato il momento del volume 2, era giusto che accadesse. Non fraintendermi. Sapevo che avremmo fatto della roba che spacca e ne avrei beneficiato dal punto di vista degli affari, ma volevo anche dare a lui quello che ha dato a me, non solo musicalmente ma anche dal punto di vista della vita. È stato lì per me durante le sfide della vita e lo apprezzo.
Volevo dimostrarlo anche musicalmente e darmi da fare. Voglio che le persone, con questo progetto, prendano il tempo necessario e si dedichino ad esso. Ci ho messo davvero la mia passione. Ci ho davvero messo un pezzo di me perché sono appassionato della cultura e BP corrisponde a quella produzione ampiamente. Quindi si è appena formata per essere una grande unione. E voglio continuare così. Voglio fare 10 volumi.
Voglio ringraziare “Throw Up Magazine” per aver accolto me, questo progetto, la mia storia e il mio catalogo. Voglio che tutti quelli là fuori che leggeranno quest’intervista e che dicono “non esiste più il vero hip hop fuori” prestino attenzione a questa cosa. Prendete “Immortal Titans 2” e sintonizzatevi su questo lavoro, perché questo è Hip Hop. Questo è il contributo mio e di BP al vero Hip Hop. Questa è una forma d’arte e una cultura e ci mettiamo un pezzo di noi stessi. Quindi vogliamo che le persone lo apprezzino e lo capiscano.
Cosa ti ispira e ti spinge ancora oggi a fare musica anche se i gusti dell’ascoltatore medio sono cambiati così tanto?
La cosa principale che mi ispira davvero a fare quello che faccio e rimanere leale e sincero a ciò che è stato il mio contributo all’Hip Hop o a BP o a tutto ciò che ho fatto e ad un certo stile musicale, è che amo questa cultura. Non solo a proposito di ciò che mi riguarda. Ma sono un fan di molti gruppi e artisti diversi. Alcuni mi hanno influenzato durante i miei inizi. E altri continuano a ispirarmi ancora ora, ai tempi attuali. Quindi ora, quando approccio questa cosa, devo affrontarla con una certa sincerità per sentirmi a mio agio e sentirmi fedele a qualcosa. Come ho sempre sentito quando ero più giovane che: “Se non ti batti per qualcosa, cadrai per qualunque cosa”. E per quello che mi riguarda, l’ho sempre interpretato come dover essere fedele a me stesso. Dovresti sempre incorporare un certo livello di integrità nel tuo personaggio, nel miglior modo possibile. Non sempre funzionerà questa strada. A volte le tue intenzioni potranno essere fraintese. Non sono diverso. Non ne sono esente.
Vengo dalle strade. Vengo da zero. Ma durante il viaggio della vita, ci sono cose su cui devi impegnarti a rimanere leale e mantenerle sacre, perché poi altrimenti non varresti niente. Ci sono cose a cui devi rimanere fedele. Non significa dire che non dovresti crescere, ma devi rimanere leale a ciò che senti che sia la verità.
Ultima domanda! Dato che siamo anche un magazine di graffiti, vorremmo chiederti se in passato c’erano graffiti writers tra i tuoi amici o nella tua crew e come erano visti i writers nel tuo quartiere durante quel periodo in cui sei cresciuto negli anni ’80-’90?
Una cultura è diversificata. È composto da molti aspetti e forme d’arte differenti. Hai la danza, hai la cucina, hai la letteratura, hai la musica. Vengo da un’epoca in cui l’hip hop era una cultura diversificata. Era stratificata. Mentre per come è ora, questa cosa è diminuita nei termini di essere sincronizzata in una cosa unica. Si è evoluta così tanto, che ci sono così tanti aspetti diversi. Gradi e variazioni di questa cosa, che è difficile collegare il tutto insieme. Ma è ancora Hip Hop.
Vengo da un’era in cui la Cultura era più infusa e coesa. E tutte quelle variazioni artistiche erano incarnate in quella cultura. In realtà anch’io facevo graffiti. Ecco perché il mio nome era Jade Ski perché in origine era la mia tag per i graffiti. Così ho iniziato a taggare e fare i graffiti prima di iniziare a rappare.
Tutto ciò faceva davvero parte della cultura. Facevo anche breakdance, tanto quanto rappavo, perché anche ciò faceva davvero tanto parte della cultura. Ero preso di brutto dal graffiti writing. Ne ero interessato. Una volta, l’Hip-Hop era una cosa sola. Ero coinvolto pesantemente in tutto ciò.