Pongo: «Il mio è un percorso sperimentale, non so se avrà mai una fine»
In questa interessantissima intervista, lo storico writer e artista milanese Pongo ci ha raccontato la sua evoluzione: dal dipingere i treni e le banchine della metro nei ’90 a sviluppare la sua particolare tecnica artistica tridimensionale.
Ciao Pongo, è un onore per noi poterti rivolgere qualche domanda! Ti ringraziamo molto per questa occasione. Innanzitutto, vorremmo chiederti di raccontare, a chi magari ancora non ti conosce, dei tuoi esordi come writer. Quando hai iniziato a scrivere e cosa ti ha spinto a prendere in mano le bombolette? Come è nato il tuo nome d’arte?
Ciao a tutti e grazie a voi per la splendida occasione, l’onore è tutto mio. Ho iniziato a dipingere su muri nel 1988 a livello amatoriale, nel caos più totale e senza una linea da seguire. Quando ero piccolo in Italia non si era ancora formata la cultura Hip Hop, iniziavano le prime influenze americane tramite lo skateboard, di cui la maggior parte di noi praticava. In quel periodo ero spesso negli USA per il lavoro di mio padre ed oltre ad avere la fortuna di poter comprare uno skateboard, ho avuto anche la fortuna di vedere la famosa NYC bombardata con l’MTA coloratissima.
Quando rientrai in Italia ero influenzatissimo da quelle scritte itineranti, anche tramite subway art che comprai appunto negli USA. In Italia non arrivava nulla o poco. Non è come adesso con internet. Il mio primissimo nome era Future, una copia spiccicata di Futura 2000 di cui ero innamoratissimo. Poi passai a Crank e alla fine a Pongo. I motivi erano molteplici; in primis perché di facile ed immediata lettura e poi perché ero molto fluido, specialmente nel breaking che praticavo assiduamente ai tempi.
Tu hai vissuto gli esordi di questa cultura in Italia. Puoi raccontarci com’era la scena quando hai iniziato e com’è è cambiata? Chi erano i nomi più importanti dell’epoca a Milano e dove reperivi le tue informazioni su questa cultura e gli spray?
La scena era totalmente diversa per molti aspetti, in primis la nicchia era ristretta, non si sentiva il rap così come ora, non era mainstream. Ma era per certi versi più curato, MTV ad esempio aveva il suo programma MTV yo rap, non c’era la moda diciamo. Cosa è cambiato? Tutto praticamente, ora è una cultura mainstream in cui il writing è diventato un ramo della street art. In tutti i cambiamenti ci sono aspetti positivi e altri negativi.
I nomi più importanti a quei tempi erano tutti di NYC, i TAT, i TNB, Dome, Vulcan, Phase2, Spon, ecc; per lo meno quelli a cui noi guardiamo, poi c’era il ramo europeo come Delta e Mode2 che a me ispiravano parecchio. Le informazioni appunto le reperivamo direttamente scrivendoci con i writers oppure viaggiando. Gli spray, idem, dal colorificio oppure i più fortunati li prendevano all’estero. Io mi ricordo di averle prese sia a NYC che a Parigi spendendo un botto in spedizione.
Puoi raccontarci qualcosa della storia della CKC crew e delle vostre leggendarie avventure in metropolitana e nelle yard negli anni ‘90?
Diciamo che le avventure sono tante, si possono classificare per semplicità in treni e metropolitana. I treni li facevamo fuori Milano per cui ci voleva qualcuno con la macchina mentre per la Metro andavamo in pochi. In molte interviste ho raccontato aneddoti per cui ve ne voglio raccontare uno inedito…
Io e Shot eravamo spesso in coppia a bombardare le banchine e ne facevamo più di una a sera. Ci incontravamo quando lui finiva di lavorare al ristorante e andavamo in cantina da me al caldo a fumare e ad aspettare l’ora propizia. Arrivato il momento X colpivamo una banchina e ne facevamo un’altra dalla parte opposta della città e spesso muovendoci in città vedevamo le pattuglie ATM cercarci o correre tra una stazione e l’altra perché scattava l’allarme…ma arrivavano sempre tardi.
All’epoca si dipingevano tantissimo le banchine e i treni della metropolitana e, in generale, la componente principale dei graffiti era illegale…Poi quando e in che modo è cambiato il movimento del writing e la sua percezione da parte della società secondo te?
I motivi sono molteplici a mio avviso. In primis la street art con i soggetti illustrativi e realistici hanno fatto apprezzare la cultura anche ai non addetti ai lavori. L’avvicinamento delle aziende come altro motivo. La legalizzazione dei muri liberi un’altra. L’intensificazione della task force antigraffiti. I social media.
Diciamo che la componente illegale è sempre presente ma è una nicchia, conosco writers tedeschi che a 50 anni ancora fanno solo treni.
Invece, quando c’è stata la tua personale svolta artistica? E quali motivazioni ti hanno spinto a transitare verso l’ ”arte legale”?
Grazie per la domanda. Molti infatti mi conoscono negli anni ’90 come assiduo bomber, cosa giustissima, ma molti non sanno che l’aspetto legale è sempre stato presente. Ho realizzato varie committenze in quegli anni, per negozi, per pubblicità come Gaggia ad esempio. Il mio percorso personale comprende anche il liceo artistico e le basi di disegno, pittura e storia dell’arte. Ovviamente negli anni 90 essere writer e artista era più ostico rispetto ad oggi.
Parlaci della tua evoluzione stilistica, dagli esordi fino all’incredibile tecnica 3D che hai sviluppato e perfezionato ora, diventando il tuo stile distintivo. Da cosa è nata la tua idea di sviluppare questa tecnica 3D e quali sono le maggiori difficoltà, tecniche e non, che hai trovato?
Come dicevo precedentemente ho sempre sviluppato varie tecniche anche tramite un percorso accademico. E sono stato anche molto influenzato dalla storia dell’arte che ho assorbito negli anni. Ero arrivato ad un punto dove il writing non mi bastava più e volevo andare oltre. E da allora nel 2008 iniziai a sviluppare il mio stile 3D che si basa semplicemente sul concetto di falsità ed inganno. Da lì ho studiato e sperimentato varie strade per realizzarlo e ho spaziato tra pittura su tela, su muro e disegni a matite oltre ovviamente i Tattoo.
La tecnica l’ho sperimentata personalmente a tentativi perché esula dalla tecnica tradizionale ed inoltre c’è una differenza di metodo tra un muro, una tela o un disegno; ed è in continua evoluzione. Tuttora il mio è un percorso sperimentale, un punto di partenza dove non so se in fondo ci sarà mai una fine.
Secondo te, quando un artista può dire di aver raggiunto la propria maturazione artistica? Possiamo dire che consista nel riuscire a trasformare la propria visione artistica su un supporto fisico, tramite un proprio stile originale? In che momento, pensi di aver raggiunto la tua maturità artistica?
La maturità artistica è un’utopia. Non esiste la maturità artistica; c’è una presa di coscienza magari ma la maturità non credo arrivi mai. Un esempio può essere Picasso nella sua evoluzione. Mi spiego meglio con un altro esempio: tutti noi abbiamo dei concetti che pensiamo essere immutabili, poi per un motivo o un altro essi mutano. “Io non mi sposerò mai” e poi capita che si sposano. “Io non farò mai questo..” e poi puntualmente accade il contrario.
Ne potrei fare tanti di esempi ma il concetto è semplice, l’uomo è un flusso che varia in base all’ambiente esterno , all’esperienza interna ed i fattori imprevedibili. Per cui non ci sarà artista che si dirà maturo.
Da chi o cosa trai maggiore ispirazione quando realizzi le tue opere?
Non ho un riferimento preciso sinceramente. Mi piacciono molti artisti a cui in alcuni casi ho dedicato un tributo. Cerco di tirare fuori qualcosa di mio sempre e cerco di non farmi influenzare per quanto sia possibile. Più che altro posso reinterpretare un soggetto. Adoro il rinascimento, la pop art, la satira, i cartoon ed il wild style. Spesso cerco di mixare tutto ciò in base all’indirizzo artistico, se è una tela mi muoverò in una direzione e se è un muro in un’altra.
Sei anche tatuatore e sei riuscito ad utilizzare il tuo stile anche lavorando con i tatuaggi. Qual è la principale differenza, secondo te, tra effettuare le tue opere su pelle, rispetto che su tele o muri?
Sono due cose completamente diverse sia in termini di soggetti che di tecnica. La pelle ha delle regole sue rispetto ad altri supporti, la pelle è viva. Quindi quando realizzo un soggetto per tattoo devo tenere conto di più fattori: soggetto, pelle, tecnica, cliente, ecc.
Il muro invece può variare da intonaco o dalla struttura ma è totalmente differente dal tatuaggio. Il muro è lì e non si muove tra l’altro. Stesso discorso vale per le tele o disegni, ogni medium ha un suo approccio differente.
Quali sono le ultime opere, progetti o mostre che hai realizzato? In passato, ti è capitato di andare all’estero per esporre le tue opere? Se si, come sono state ricevute? Quali sono i tuoi progetti per i prossimi mesi?
Per quanto riguarda l’arte contemporanea avevamo fatto Affordable art fair pre-pandemia, poi per ovvi motivi si è fermato tutto. Avevo anche dei progetti in USA attualmente congelati. Diciamo che la pandemia ha bloccato molti settori tra cui appunto l’arte. Precedentemente infatti ho esposto all’estero e devo dire che i feedback sono stati estremamente positivi; molti dei miei collezionisti risiedono all’estero appunto.
Attualmente sto dedicando maggior attenzione ai muri visto il periodo di restrizioni, mentre per i tattoo continuo a lavorare con costanza su Milano, per il futuro non ho progetti particolari visto è tutto imprevedibile. Vedremo cosa ci riserverà!.