Luispak, uno «Street Surrealist»
Luispak ci racconta in un’intervista esclusiva il suo lungo percorso artistico, le esperienze in giro per il mondo e la sua infinita passione per il writing e l’arte.
Ciao Luispak, raccontaci del tuo nome d’arte, di com’è nato e della tua crew d’appartenenza.
Ciao ragazzi e grazie per lo spazio di quest’intervista. Il mio nome è Luigi e nei graffiti ho sempre scritto la mia tag PAK, ispirata un po’ dal gioco Pacman ed un po’ da un brano di Busta Rhymes che mi ricordava il suono del videogioco. Poi con il tempo le ho dato un significato, è diventata un acronimo che mi rappresenta: Predisposizione Al Kolore. È stata solo PAK fino al 2007, anno in cui con il mio compagno di viaggio Bomb ho dipinto a Los Angeles in occasione del LA Gold Rush, evento organizzato da ManOne e Raptuz della TDK che vedeva coinvolti in uno scambio internazionale artisti americani ed italiani.
Los Angeles è una città influenzatissima dalla cultura sud-americana, infatti alcuni dei local iniziarono giustamente a tradurre il mio nome e a chiamarmi Luis, e poi Pak, e poi luis, pak, luis, pak, luis… insomma è così che nato Luispak. Los Angeles è stata un’esperienza veramente intensa e formativa dalla quale ho tratto tanto e meritava di essere celebrata e ricordata in qualche modo, aggiungere “Luis” alla tag è stato il mio modo. In quell’occasione io e Bomb ci tatuammo il nome della crew (dimostrazione del fatto che avevamo bisogno di fotografare per sempre quel momento), a Venice Beach ci facemmo scrivere entrambi, in stile rigorosamente L.A., la parola DRAK sulla spalla destra.
DRAK è la nostra crew nata nel 1999 e in alcune lingue significa DIAVOLO, in altre DRACULA, in altre ancora DRAGO, in quell’anno era da poco uscito il brano” l’anno del drago” di Kaos-one, insomma gli astri si erano allineati ed era quello il nome giusto per la nostra Crew. All’inizio eravamo io e Not1, due ragazzini di provincia che tra insulti per i pantaloni oversize e mezze denunce per i disegni che facevamo provavamo a farci strada e a costruire qualcosa. Neanche sapevamo cosa. Si aggiunse Tech, poi Bomb e così via altri che sono andati e altri che sono rimasti. Oggi la crew è composta da: Not, Luispak, Bomb, Trip, Sawe, La180, Strano, Kute, Chen, Dioniso e Korvo e probabilmente è la più bella opera che potevamo disegnare. DRAK è una famiglia.
Quali sono i tuoi primi ricordi di quando ti sei avvicinato a questo fenomeno? Qual è stata la fonte d’ispirazione? Hai artisti in famiglia?
Mia madre crea gioielli artigianali, lei ha sempre avuto una vena creativa e mi ha sempre spronato alla manualità e alla creatività, tra tante difficoltà della vita ha sempre fatto del suo meglio per incentivare la mia passione. A lei devo tanto. Anche mio nonno mi ha ispirato tanto, era appassionato di restauro e di antichità, aveva sempre qualche progetto tra le mani, quei profumi e quelle immagini sono ancora molto forti nella mia memoria. Ci tengo a ringraziare la mia famiglia, sono sempre stati per me una fonte d’ispirazione in qualche modo. Con i graffiti invece è stato amore a prima vista, era il 1996, frequentavo le scuole medie e la Seven era appena uscita con il nuovo diario, in quelle pagine c’erano i primi graffiti che io abbia mai visto, ne rimasi folgorato. La stessa sera ero già in strada con gli spray comprati in ferramenta. La realtà era quella di una città di provincia del sud Italia, internet era utopia e gli smartphone ancora non c’erano.
Nonostante tutto a Battipaglia negli anni 90 c’era una bella scena hip-hop. Non avevamo molto, a parte qualche storia raccontata sull’hip-hop e sui cosiddetti Graffiti, ma ci davamo da fare, tanto da fare. Di lì a poco scoprimmo la rivista Aelle in edicola, quella fu l’illuminazione, capimmo cosa stavamo facendo, iniziammo a scoprire le parole: tag, b-boy, writing, le quattro discipline e tutto il mondo che c’era dietro ai disegni che quasi naturalmente avevamo iniziato a fare. Tra i primi ad ispirarmi in quelle pagine di Aelle c’erano, Eron, Blef e Dafne, Seen, Cope2, Lords of Vetra, TDK, i KNF della vicina Salerno, i KTM di Napoli, KAF e PARADISO sempre di Napoli e poi Carmine Korvo di Benevento con il quale negli ultimi anni abbiamo condiviso tante esperienze e che da poco è entrato a far parte di Drak Crew. Casualità? Lascio a voi la risposta.
Con i graffiti avevo iniziato disegnando lettering in stile wildstyle NY e puppet e qualche anno passò così, lavorando più che altro sugli strumenti più che sullo stile, partecipammo ad eventi di provincia ed hall of fame nelle vicine città. Qualcosa è cambiato nel 2000, ci recammo a Pisa in occasione della jam Panico Totale, dovevamo assolutamente vedere dipingere dal vivo Seak, Daim e Loomit, ricordo che quella fu un’esperienza che cambiò radicalmente il nostro approccio al muro e al graffito. Guardando loro imparammo nuove tecniche, tornammo a casa dopo soli 3 giorni, ma eravamo profondamente cambiati e stimolati. Era cambiato il nostro stile, iniziammo a sentire l’esigenza di innovare. Credo sia stato quello il momento in cui capì che avevo bisogno di trovare anch’io un’identità artistica.
Parlaci delle tue origini e raccontaci chi è Luispak oggi. Cos’è cambiato? qual’è il tuo stile di vita di tutti i giorni?
Frequentavo una scuola di fumetto mentre frequentavo la scuola d’arte di Salerno con indirizzo grafico e al termine degli studi ho intrapreso quasi immediatamente la carriera nell’ambito della progettazione grafica lavorando in alcune agenzie del salernitano. Nella quotidianità lavoro nell’agenzia creativa Elementi Creativi che ho fondato nel 2008, e mi occupo di comunicazione, di illustrazioni, di design grafico e web. Saltello tra graffiti su muri e progetti d’identità, da una tela a un progetto web. La mia vita è fatta di queste cose, senza il tempo di fare qualsiasi altra cosa, ma è così che l’ho voluta.
Qual’é il filo conduttore che accomuna i tuoi lavori e la tua più grande peculiarità?
Credo di non aver mai disegnato una cosa uguale all’altra, neanche simile, nonostante questo credo sia riconoscibile il mio tratto e la mia impronta. Anche per la serie dei “sofà”, non ce n’è uno uguale all’altro. Credo sia appunto questa la mia peculiarità, la varietà dei soggetti senza perdere la riconoscibilità del mio linguaggio.
Com’è evoluto il tuo stile negli anni? parlaci dei supporti su cui preferisci lavorare oggi e delle tecniche che adoperi.
Come dicevo prima, ho disegnato tante cose, spesso diverse tra loro. Non mi pongo limiti in questo senso. La mia ricerca e la mia sperimentazione è sempre stata variegata. In genere mi sono sempre lasciato trasportare da ciò che mi attrae e mi stimola. Lavoro su carta, legno, tela, muro, qualche volta metallo. Mi piace sperimentare. Tendenzialmente progetto i miei muri su carta, da un po’ di tempo anche su ipad, li riproduco su muro senza particolari tecniche di riproduzione. Alla vecchia, bozza e poi muro.
Parlaci di come definiresti concettualmente l’espressione artistica che c’è dietro ai tuoi disegni e dello studio del tuo lettering.
La mia “merda” è a metà tra surrealismo e illustrazione, le lettere sono gli attori protagonisti del mio mondo fantastico. Mi piace definirmi uno street surrealist.
A quali artisti (non solo writers) ti ispiri o ti sei ispirato e quali sono i passaggi della storia del writing che devono essere tramandati secondo te?
Tra i tanti artisti che mi hanno sicuramente in qualche modo influenzato mi sento di nominare: Leonardo Da Vinci, Escher, Dalì e Bosch. Tanti writer che hanno fatto la storia come: Seen, Vulcan, Phase2, Daim, Seak, Korvo, Blef, SirTwo, ZedOne, Etam cru, Dado, ShaOne, Boost, Kaf, Zar. Per me questi sono alcuni mostri sacri, tanto diversi tra di loro, ma in qualche modo ognuno di loro han profondamente segnato il mio percorso.
Parlaci del bagaglio culturale e di esperienze che hai acquisito dalle tue collaborazioni con le gallerie d’arte estere? E delle differenze che hai potuto riscontrare con le gallerie d’arte in Italia?
Il mio rapporto con le gallerie è stato breve ma intenso. Ho bellissimi ricordi e soddisfazioni delle mie esposizioni all’estero, su tutte Los Angeles e Barcellona. Non posso dire lo stesso per l’Italia, ahimè. In questo caso tanti i sacrifici, meno le gratificazioni. Tante anche le delusioni.
Hai progetti futuri? Dove ti vedi un domani?
Il mio progetto per il futuro è mantenere acceso questo fuoco. Sul domani, mi piace non mettere limiti alla provvidenza 😀 Sicuramente mi vedo sul muro con la mia crew.
Che insegnamenti di vita hai tratto da questa nobile arte e che consigli daresti ai ragazzini che si approcciano a questo fenomeno?
Per quanto mi riguarda il writing è una vera e propria scuola di vita, uno sport agonistico, una passione che ti prende totalmente. Il suggerimento che posso dare è questo: allenatevi tanto, disegnate traendo ispirazione dal passato rispettandolo e guardando al futuro cercando di trovare la propria strada, e poi girate, condividete esperienze reali, confrontatevi anche quando è amaro. Internet è una bellissima finestra sul mondo, ma è solo una finestra e non basta per crescere davvero.