Lasciare il segno nella giungla di Roma. Intervista a Warios.
Abbiamo intervistato il writer e calligrafo romano Warios che ci ha spiegato qual’e la sua visione della cultura dei graffiti e l’impatto che ha avuto nella società attuale. Inoltre ci ha raccontato di come si è appassionato ed abbia approfondito lo studio del lettering.
Ciao Warios, innanzitutto ti ringraziamo della tua disponibilità a questa intervista… Vorremmo iniziare con una domanda sul momento attuale: come stai e come hai vissuto questo periodo? In che modo ha impattato e, viceversa, ispirato la tua arte e il tuo lavoro?
Ciao ragazzi, grazie a voi per lo spazio che mi dedicate! Il periodo come tutti sappiamo è una merda, molte persone stanno vivendo momenti pessimi sotto vari punti di vista. Personalmente non mi sono fermato di fronte alle difficoltà, sto lavorando a vari progetti che vedranno la luce a breve. Per questo “stay tuned” perché ne vedrete delle belle…
Tornando alle tue origini come writer quando è stata la prima volta che hai preso in mano una bomboletta e perchè? Quali sono le esperienze in questo ambiente che ti hanno segnato maggiormente crescendo ?
Partiamo dagli albori…Il mio primo approccio al writing è stato in età abbastanza giovane, intorno ai 12/13 anni, fine anni ’90. Ricordo che sono fin da subito stato affascinato dal mondo dei graffiti in tutte le sue forme, non ricordo precisamente il mio primo contatto con lo spray ma ricordo che osservavo “clinicamente” i pezzi in giro per la mia città e riempivo pagine pagine di sketch book.
Dopo è arrivata la strada, ho iniziato con il bombing e i pezzi in giro, ogni occasione era buona per lasciare un tag e dipingere…era una sorta di ossessione. Fare i Graffiti per me era una fuga dalla realtà difficile che vivevo in quel periodo, mi “chiudevo” nelle lettere e lasciavo il mondo fuori.
Sono entrato in un crew della mia zona, i V.T., e con loro ci ritrovavamo tutti i giorni sulle panchine nel pacchetto a scrivere e parlare di graffiti. Grazie ai graffiti e alle esperienze di vita connesse ad essi, ho conosciuto i miei amici di sempre, ho vissuto situazioni negative e positive che mi hanno cambiato profondamente e che mi hanno fatto conoscere al meglio me stesso e le mie possibilità.
Quali sono a tuo parere i tratti distintivi della scena dei graffiti a Roma? E com’è cambiata negli anni?
Roma era una “bomba” per i graffiti ad inizio anni 2000, per me “pischello” era il paradiso. Bastava girare un pò per la città per vedere tag di ogni tipo, graffiti e treni con un botto di stili diversi, migliaia di throw-up e un quantitativo industriale di nero e argento. La scena romana era selvaggia perché Roma è una Giungla, questo è sempre stato il suo tratto distintivo.
Roma per me è stata madre e puttana allo stesso tempo, “Roma te mena e t’accarezza”…ha arricchito il mio stile di storie ed esperienze, e continua a farlo.
Perché e in che momento hai deciso di concentrarti sulla calligrafia e sullo studio delle lettere?
Il passaggio dai graffiti alla calligrafia e il lettering è stato molto naturale per me, non ho davvero chiaro il momento del “passaggio… Durante la mia evoluzione come writer, ho iniziato ad inserire gradualmente nei miei wild style componenti di lettering e di calligrafia tradizionale. Questa ricerca mi ha portato a studiare e approfondire la storia della calligrafia e ho cominciato a praticare professionalmente la calligrafia cercando di perfezionare il mio stile.
Questo continuo studio mi ha sicuramente fatto notare nel mondo del lettering, nel 2015 sono entrato a far parte di un gruppo internazionale chiamato Calligraffiti Ambassadors, un collettivo artistico creato da SHOE con cui ho iniziato un percorso di mostre internazionali e progetti vari. Ora sto proseguendo su una strada più individuale, ma che porta con se le esperienze vissute anche all’interno del movimento dei Calligraffiti, a cui sarò per sempre grato.
Quali sono gli aspetti della calligrafia che ti affascinano di più ancora oggi?
Ciò che mi affascina sempre di più della calligrafia è la pratica constante che richiede. Lo studio della calligrafia è un percorso continuo senza un vero e proprio punto di arrivo, si può sempre e solo migliorare ma non si raggiungerà mai la perfezione…alla base c’è la costanza nella pratica. Oltre questo, mi affascina sperimentare e scoprire nuove tecniche e strumenti, ricercando sempre nuovi effetti, su carta o su altre superfici.
La scrittura e il “segno” in generale sono un concetto antico, quasi quanto l’uomo e, in qualche modo, sacro e denso di significati… Oggi che sta diventando tutto digitalizzato, come vedi il futuro della “scrittura”? Perché, dal tuo punto di vista, la cultura dei graffiti è legata a doppio filo all’antica tradizione della scrittura?
Fin dalla preistoria, passando per le varie epoche, il genere umano ha avuto bisogno di raccontare la propria storia attraverso i segni e la scrittura. Il legame con la scrittura a mano è fortemente legato a un concetto spirituale e sacro, basti guardare quanto la Chiesa ha contribuito allo sviluppo della scrittura fatta a mano, aldilà di essere credenti o no…
Ovviamente con l’avvento della rivoluzione industriale e della carta stampata, si è esponenzialmente perso il concetto di scrittura fatta a mano. Oggi abbiamo il digitale (che rispetto e utilizzo massivamente…sia chiaro) ma dove il massimo della difficoltà per molti è scegliere il font su Word.
Grazie ad artisti e ad organizzazioni che hanno tenuto vive le tradizioni e la storia della scrittura, oggi sto notando una rinascita dell’handmade e sempre più appassionati si avvicinano al mondo della calligrafia. Parallelamente, la cultura dei graffiti è a mio parere la massima espressione di scrittura libera e gestuale, che rappresenta in pieno il sentimento dell’umanità di essere ricordati e di lasciare un segno di questo passaggio sulla terra. È un po’ come dire come dire o urlare “IO ESISTO” no?…
Chi sono gli artisti a cui ti sei ispirato maggiormente negli anni? E chi segui con particolare attenzione in questo momento?
Ce ne sono molti: nei graffiti, oltre ciò che vedevo a Roma, mi sono sempre inspirato allo stile americano, NY e Los Angeles in primis… per poi arrivare ai calligraffiti di SHOE, al segno di CHAZ BOJUORQUEZ e la calligrafia di LUCA BARCELLONA. Loro li considero Maestri, insieme a molti calligrafi e designer che hanno contribuito alla mia crescita. Al momento ho focalizzato la mia attenzione al mondo del design e trovo inspirazione anche dalla moda e dalla pittura, sto lavorando a vari progetti che vanno oltre la calligrafia.
A quali altri aspetti della cultura Hip Hop sei legato e in che modo?
Sono legato a tutto il movimento HIP HOP. l’HIP HOP è stato il mio stile di vita quasi una religione.. musicalmente mi ha sempre accompagnato fin da bambino, è stato un movimento di rottura paragonabile a quello dei graffiti, ringrazierò l’HH per sempre…
Il mondo dell’arte “tradizionale” e in generale la società cosa dovrebbero imparare dalla cultura dei graffiti, la quale, intanto, da una parte viene “saccheggiata” e dall’altra condannata? Si può avere secondo te una transizione da cultura underground a “popolare”, o l’essenza di questa cosa deve rimanere nel sottosuolo e “segreta” per non perdere i suoi codici?
Domanda tosta… I graffiti nascono come fenomeno libero e incontrollabile, sono un germe che si diffonde nella città senza controllo, a differenza di gran parte dell’arte tradizionale. Questa essenza per me rimarrà sempre alla base del movimento. Con questo non voglio affermare che i graffiti non debbano entrare nei musei o essere una forma di riqualificazione di alcuni spazi. Considero i graffiti la forma d’arte più importante e di rottura del ventunesimo secolo e quindi vanno valorizzati; molti “esperti” dovrebbero studiare meglio il fenomeno, che molte volte viene descritto in maniera superficiale o errata.
Demonizzare i graffiti per il loro aspetto illegale o trattare un writer com e il “mostro” del momento, è solo becera propaganda. Di contro c’è infatti un esponenziale sfruttamento dei graffiti per scopi commerciali…un pò perché fa fico, un pò perché porta profitti. Si cerca di tramutarli in qualcosa di “politically correct”…ma non è così che funziona. Alla base c’è che graffiti sono un fenomeno enorme e con una storia ricca, chi non li conosce dovrebbe leggere più libri e fare molta strada prima di parlare! Reputo quindi che rimarrà sempre una cultura con un anima underground, anche se fagocitata e sfruttata dai mass media.
Che progetti hai per il futuro?
Come vi dicevo sto lavorando a vari progetti che vedranno la luce a breve…posso anticiparvi che sicuramente continuerò la mia ricerca nel campo delle calligrafia e del lettering portandola al “next level”…l’astronave sta per decollare verso altri universi 😀