Dropsy: «Se lavori duramente prima o poi ne raccoglierai i frutti»
Abbiamo intervistato DJ Dropsy, militante veterano a 360° della cultura Hip-Hop italiana, che ci ha raccontato del suo passato come graffiti writer e di come ha costruito la propria carriera come DJ e produttore, partendo da una passione fino a lanciare il proprio brand, suonando nei club italiani e internazionali.
Bella Dropsy, è un onore poterti fare qualche domanda, in quanto, anche se magari il tuo nome può non essere conosciuto dalla “massa”, sei una delle persone più influenti e attive della scena. Puoi raccontarci quando e come hai scoperto la cultura Hip-Hop? Quali sono stati i tuoi primi passi in questo mondo?
Il 1988 è stato l’anno in cui ho iniziato a dipingere ed ascoltare rap. Considera che, tra le altre, ci furono 3 uscite clamorose che ancora oggi rappresentano delle pietre e che mi influenzarono molto: “Straigth outta Compton” degli NWA, “Tougher than leather” dei RUN DMC, “It takes a nation of millions to hold us back” dei PUBLIC ENEMY. Mi ricordo anche il film “Colors” nello stesso anno, una storia di gang di Los Angeles con la colonna sonora di ICE T.
Da tanto tempo fai parte della crew CKC: come sei entrato a farne parte? Puoi raccontarci brevemente la storia di questa nota crew e qualche aneddoto?
Dal giorno uno, 1 Maggio 1991 come membro fondatore della crew. Ricordo quella notte andammo a dipingere dei treni merci a Lambrate, tutti vestiti di nero tranne Bread, che aveva un outfit completamente bianco e sembrava appena uscito da una discoteca! Che risate, che mito!
Quando e come hai iniziato ad appassionarti ai graffiti? Oggi, porti avanti ancora questa tua passione?
Come ho accennato prima, dal 1988: la passione c’è sempre, è un lifestyle! Non ho mai smesso di disegnare
Oggi, possiamo dire che la tua occupazione principale è il DJing…In che momento e perché hai iniziato a cimentarti in questa disciplina? Ti ricordi i primi dischi Hip-Hop che hai comprato e dove?
Ho preso i giradischi nel 1999, fino a quel momento avevo comprato maggiormente cd e cassette. Il vinile come oggetto però mi ha sempre affascinato ed è stato uno dei motivi per cui mi sono avvicinato al djing. Considera anche che, in quegli anni, frequentavo spesso Dj Skizo, che è un maestro assoluto del turntablism e credo che, in maniera del tutto spontanea, mi abbia trasmesso la voglia di cimentarmi ed approfondire la materia. Il primo vinile hip hop lo acquistai qualche anno prima da Merak music ed era “If i ruled the world” di Nas!
Da anni suoni in diversi club, concerti e serate in tutta Italia. In che momento, però ti sei reso conto che potevi trasformare la tua passione in un lavoro? Come sei diventato DJ ufficiale di Jake La Furia?
Io sono dell’idea che se credi in quello che fai, la tua passione debba necessariamente diventare un lavoro, altrimenti rimane un hobby! Lavoro che, a volte, non vuol dire stipendio o pagamento immediato, ma significa seminare quotidianamente per poi raccogliere i frutti, prima o poi. Nessuno fa niente per niente, non crediate alle favole. Gli alti ed i bassi ci sono per tutti ma la cosa più importante è non rinunciare mai ai propri sogni. Con questa attitudine mi sono costruito una carriera ed una credibilità, poi da cosa nasce cosa. Per quanto riguarda Jake, ci conosciamo dagli anni novanta e c’è un rapporto di rispetto ed amicizia che va oltre quello lavorativo.
Hai avuto la possibilità di suonare anche all’estero negli anni e collaborare con artisti americani e internazionali? Ad esempio abbiamo visto foto sui tuoi social insieme al leggendario DJ Drama, o a MCs come Ras Kass, Shabbaz The Disciple…Come sei entrato in contatto con questi artisti che hanno fatto la storia di questa Cultura?
Si, ho suonato anche all’estero ed è una cosa molto appagante, conoscere nuove realtà e vedere come funzionano le cose in altri posti. Gli artisti che hai citato li ho conosciuti in diverse situazioni sempre lavorative. Dj Drama venne invitato come special guest in un club in cui suonavo, mentre a Ras Kass feci il dj per un suo live show e partecipai a delle sessioni in studio con lui. Insieme a Shabazz The Disciple feci una serata, come special guest, nel cantone di Berna. Good vibes!
In questi anni, abbiamo visto che c’è stato un ritorno del collezionismo del vinile, ma come DJ, ti capita ancora di suonare LP nelle serate? E qual’è secondo te la sostanziale differenza tra i due modi di mixare musica e suonare davanti al pubblico (analogico e digitale)?
Oggigiorno è difficile che io faccia una performance pubblica con vinili veri, è una rarità. Analogico e digitale sono totalmente diversi. Sarò diretto: il 99% di quei cosiddetti “dj” di oggi, che non ha mai messo le mani su un giradischi con vinili veri, quasi sicuramente non sarebbe in grado di mixare e mettere due canzoni a tempo. La tecnologia ha facilitato le cose ed abbassato il livello in tutti i sensi. Ha ucciso la professionalità in molti settori, tra cui questo. Ormai in molti club vedi in console personaggi improvvisati che, se avessero dovuto usare e comprare i vinili, non avrebbero mai fatto i dj. Io provengo dal periodo in cui o sapevi farlo oppure no. Sarebbe figo un ritorno al vinile, ci sarebbe una selezione naturale e i pagliacci tornerebbero nel circo invece di fare i finti fenomeni.
Parlaci di Devils Killa, il tuo art toy..
È nato nel 1991; anno in cui ho creato i primi bozzetti e nel corso di questi decenni l’ho migliorato e modificato costantemente. Il nome “Devils Killa” significa letteralmente “uccisore di diavoli”: un personaggio che combatte i mali del mondo e che si schiera contro le ingiustizie. Attualmente l’ho realizzato anche fisicamente in 3D e sarà disponibile in edizione super limitata sulla piattaforma internazionale www.artonline20.com.
Vuoi dirci qualcosa anche del tuo brand “Otro Nivel”?
Otro Nivel è un mio nickname tra le altre cose, è un lifestyle più che un brand: portare ad un altro livello tutto quello che fai nella vita. A livello commerciale, c’è stato qualche drop di t-shirt, felpe etc e sicuramente ci sarà ancora. Stay tuned!