Maxo Kream e l’arte di raccontare la propria vita in rima
Maxo Kream, grazie alle sue abilità di storyteller, racconta con autenticità le strade di Houston, Texas, e le vicissitudini della sua famiglia.
Maxo e il controverso rapporto con il padre.
Emekwanem Ogugua Biosah Jr., in arte Maxo Kream, nasce nel 1990 a Houston, Texas, da madre afro-americana e padre nigeriano, arrivato negli Stati Uniti per cercare fortuna, dal quale, oltre la tempra e la corporatura massiccia, Maxo eredita anche lo stesso nome di battesimo.
Il legame con il padre è di fondamentale importanza per comprendere sia la storia personale che la carriera musicale del protagonista di questa puntata della nostra rubrica di Art of Bars. Tant’è vero che il primo Lp ufficiale di Maxo Kream, intitolato Brandon Banks (2019) e uscito quest’estate per la major discografica RCA/Sony Music, è incentrato sul rapporto tra i due. Padre e figlio sono, tra l’altro, raffigurati uno affianco all’altro sulla copertina dell’album, che vede, inoltre, la partecipazione del primo in diversi skit di interludio tra le tracce.
Brandon Banks, racconta il rapper texano, è, infatti, lo pseudonimo che il padre usava per commettere truffe prima di essere arrestato durante quello che rappresenta un episodio fondamentale per l’infanzia di Maxo, che, all’età di dodici anni, assiste spaventato al blitz della polizia in casa. Un avvenimento inaspettato per il giovane Maxo, che fino a quel momento aveva sofferto la presenza di un genitore duro e dispotico con i figli (Maxo e i suoi tre fratelli), dai quali ha sempre preteso massima disciplina e una carriera scolastica di successo.
Maxo, infatti, secondo il padre, non è predestinato ad una vita nel ghetto tra delinquenza e violenza, ma deve, a tutti i costi, diplomarsi e frequentare il college, al quale, in effetti, successivamente si iscriverà, senza però mai terminare gli studi per inseguire il sogno di diventare un rapper affermato.
L’ingresso nei Crip e il periodo gangbangin
Nonostante i tentativi di Emekwanem Ogugua Biosah, Sr. di tenere fuori il figlio dai guai e dalla strada, Maxo Kream, adolescente e senza più una figura paterna in casa, per diversi anni in carcere, comincia a frequentare affascinato alcuni gangsters di Spice Lane, zona di Houston povera e degradata a causa di un’improvvisa ondata migratoria di massa proveniente dalla vicina Louisiana, devastata dall’uragano Katrina. Viene, perciò, coinvolto insieme al fratello maggiore nei primi crimini, tra cui spaccio e rapine e assiste, tra le altre cose, alla morte dello zio, a causa del crack, e del cugino, ucciso per errore dall’arma di un amico sotto effetto di Xanax.
Un periodo turbolento per Maxo che crescendo, entra, addirittura, fare parte di una ramificazione texana della famosa gang californiana dei Crip, in particolare del “set” dei 52 Hoover Gangsta Crip, al quale appartiene anche il losangelino Schoolboy Q, per intenderci.
Il rapper di origini nigeriane, però, non è un ingenuo, sa che una carriera criminale è destinata a vita breve e violenta, forse anche memore delle severe prediche del padre, preferisce concentrarsi sulla sua principale passione e ambizione, il Rap, senza però mai tagliare del tutto i legami con l’appartenenza alla propria gang.
D’altronde il concetto di gang negli Stati Uniti, soprattutto per quanto riguarda i Crip (ma non solo), va oltre alla comune concezione di vita criminale, almeno a livello ideale, ma si tratta, anche, di appartenenza ad una scala di valori, più o meno discutibili, che non devono necessariamente essere perseguiti tramite l’uso della violenza e della delinquenza.
Infatti, per Maxo Kream l’esempio da seguire è quello di altri due rapper di fama mondiale, che non hanno mai rinnegato la propria appartenenza alla gang dei Crip, Snoop Dogg e il compianto Nipsey Hussle (R.I.P), i quali hanno, anzi, contribuito ad un miglioramento sociale della propria comunità, come la filosofia C.r.i.p (Community.Revolution.in.Progress), almeno a parole, prescrive.
La scena Hip-Hop di Houston e del Texas.
Quarta città più popolosa degli Stati Uniti, Houston, dove Maxo Kream cresce, è una metropoli sviluppata e moderna, sede della NASA e di alcune delle maggiori imprese energetiche del paese, ma, tuttavia, ancora ricca di contraddizioni.
Terribilmente afosa, vittima di frequenti uragani, è, oggi, una delle città più multiculturali degli Stati Uniti (le comunità più nutrite sono quella ispano-messicana, afro-americana e asiatica), nonostante durante il secolo scorso sia stata baluardo schiavista e segregazionista del paese. Il Texas “vanta”, anche, la legislazione più liberale in materia di armi da fuoco e sul loro utilizzo: infatti, è lo stato a stelle e strisce dove, per esempio, è più semplice, una volta maggiorenni, procurarsi legalmente un fucile automatico di grosso calibro, e dove è consentito sparare a chiunque violi la tua proprietà o minacci la sicurezza personale, senza conseguenze penali.
Aldilà di queste peculiarità sociali che li contraddistinguono, Houston e il Texas hanno, però, avuto un ruolo eccezionale per la Storia e la Cultura dell’Hip-Hop, seppure troppo spesso ci si dimentichi di menzionarli quando si parla dei luoghi che più hanno influenzato questo genere.
Infatti, prima di Atlanta o Miami, i rappers di successo degli stati meridionali degli Stati Uniti provenivano dal Texas: gruppi leggendari come Geto Boys, UGK , Dj come Dj Screw ed etichette discografiche come Rap-a-Lot Records hanno, infatti, scritto alcune pagine importantissime della storia di questo genere; Scarface, Bun-B e Pimp C (R.i.p), ad esempio, sono considerati a pieno titolo hall of famers di questa Cultura e anche negli ultimi quindici anni, lo stato texano ha continuato a produrre numerosi artisti Hip-Hop di successo, da Paul Wall a Travis Scott, solo per citarne un paio.
Maxo Kream, dunque, muove i primi passi in una scena fertile ed ha occasione di entrare in contatto con gli esponenti locali del genere, studiandone le skills e le mosse da vicino.
L’evoluzione di Maxo Kream e l’abilità di raccontare la propria storia in musica.
Musicalmente Maxo, nato a cavallo tra due generazioni, quella cresciuta con l’Hip Hop di fine anni novanta/inizio 2000 e quella dei giovani “trappers” in voga negli ultimi anni, ne incarna una sorta di anello di congiunzione.
Infatti, fin dai suoi primi mixtape, come QuicccStrikes (2013) o #Maxo187 (2015), si deduce che, nonostante nella maggior parte dei casi le produzioni, la cadenza del flow ed alcune tematiche siano accostabili alle tendenze più recenti, Maxo dimostra di avere barre, tecnica e storie da raccontare, non comuni nelle nuove generazioni di rappers.
E’ con gli ultimi progetti, Punken (2018) e Brandon Banks (2019), però, che Maxo Kream manifesta la sua maturazione come uomo e artista: la musica diventa una professione remunerativa tutti gli effetti, si riconcilia con il padre e realizza che il racconto della strada, non è motivo di vanto, ma un’occasione per dare modo a chi si rispecchia in certe vicende di sentirsi rappresentato, mostrando anche le conseguenze negative di certe scelte di vita.
Si delinea così il maggior talento di Maxo, ovvero, la capacità di intrattenere l’ascoltatore con racconti vividi e dettagliati del proprio passato o con storie realistiche di degrado, accomunabili ad ogni ghetto o periferia, con un approccio quasi antropologico, come nel caso della traccia “Brenda”, omaggio alla famosa canzone di 2Pac “Brenda’s got a baby).
From the streets to the block she done been through a lot
She never had no cash, she used to work at the spot
Her mom a prostitute thot and she addicted to rocks
Sellin’ ass for the cash, sellin’ pussy and twat
Her mama smokin’ at work, but she ain’t workin’ no job
She hit the block in a skirt, now she work the blowjob
She asked her mom ‘bout her pops, but her mom don’t remember
She say she look like 2Pac, so her mom named her Brenda.da “Brenda”, Brandon Banks Lp, 2019
Maxo Kream, grazie alle sue abilità da storyteller, accompagnate da un flow ipnotico ed originale, rappresenta una delle novità più intriganti provenienti dal panorama Hip-Hop del Sud degli Stati Uniti, mantenendo viva la tradizione dei grandi MCs texani del passato.