Intervista a Silla: “Faccio rap intelligente, non intellettuale”.
Silla DDR, rapper della scena Hip Hop underground milanese in ascesa, si racconta in un’intervista esclusiva per ThrowUp Magazine: il Rap come scrittura tra quartiere, arte e sport da combattimento.
Bella Silla, innanzitutto complimenti! Possiamo dire che nell’ultimo anno ti sei tolto diverse soddisfazioni, artisticamente parlando, e hai iniziato il 2020 in maniera ancora più forte con Dioscuri Tuxedo e l’ultimo Ep Pericle in Quarantena.
Anche in quest’ultimo progetto, “Pericle in quarantena”, abbiamo trovato tanti riferimenti alla zona Milano Sud, tra cui una rima tributo ad un ragazzo del quartiere scomparso prematuramente, (R.I.P Sparo). Anche in ‘’Dioscuri in Tuxedo’’, ne abbiamo notate diverse, tra cui “…pattoni di Nasone in borghese” (Fuck Nasone…).
Dunque, raccontaci come ti ha formato il quartiere, sia come persona che come artista, e perché l’appartenenza alla zona e a Milano riveste una componente fondamentale nei tuoi testi.
Ciao ragazzi, grazie per lo spazio. Mi fa piacere abbiate notato la mole di lavoro che ho svolto, per carattere non amo molto stare inattivo e mi rendo conto che 3 dischi in nemmeno un anno non sono affatto pochi. Riguardo alla città e alla zona è vero, sicuramente rappresenta una parte della mia scrittura ma non l’unica; sono legato ai luoghi dove sono cresciuto perché mi hanno regalato una mole di ricordi vastissima e soprattutto persone che ancora fanno parte della mia vita.
Non faccio rap di strada, non sono un malandrino e oggi ho una vita intensa ma normale, semplicemente quando scrivo mi piace molto parlare per immagini usando anche flashback del mio passato e quindi anche situazioni più urbane, perché sono quelle che ho vissuto di più per tutta l’adolescenza. Prima non avevamo social e le stories a testimoniare la nostra attitudine, anzi mi ricordo che preferivamo non parlare di certe cose a sconosciuti ed eravamo molto attenti a non essere di sgamo; ora è diverso, è tutto molto più esposto. In cosa mi ha formato il quartiere? Sicuramente da una parte mi ha fatto sbagliare in certi comportamenti ma mi ha anche insegnato a volte relazionarmi con le persone in modi diversi rispetto a quelli comuni e a sapere quando parlare e quando stare zitto.
Sempre in “Dioscuri in Tuxedo”, in una tua strofa dici “anche i trentenni hanno bisogna di musica che li rappresenti…”. Pensi che in Italia ci sia un vuoto dal punto di vista musicale che possa rappresentare gente della tua generazione? Come mai? In generale, qual è la musica italiana (Hip Hop e non) che ti rappresenta in questo momento?
In parte lo penso, in parte invece esaspero volutamente i concetti in modo iperbolico. Sicuramente il rap come genere musicale è giovane ed è soprattutto per giovani; posso capire che uno sbarbato si senta più rappresentato dai testi di un suo coetaneo rispetto che da quelli di un uomo adulto e lo capisco. Tuttavia in Italia questo fenomeno è ancora più esasperato, il rap spesso è visto solo come un genere di transizione da un’età all’altra e il pubblico è molto spesso più immaturo a livello musicale che altrove. Rapper validi e più o meno miei coetanei in Italia ci sono, ma sono artisti che già hanno una fetta di pubblico creata in passato e ora devono “solo” mantenerla; più difficile è creartela da zero in età adulta, quando lavori e hai mille altri impegni e non puoi dedicarti solo a questo come quando eri sbarbato. Ultimamente sto ascoltando poco rap e di musica italiana odierna non ne ascolto; mi piace il soul, il funk e il jazz scuro e in questo campo scopro sempre robe nuove, anche tanti musicisti italiani.
Può essere una nostra impressione, ma la tua penna ricorda in qualche modo come stile, rapper come Roc Marciano…Tu come descriveresti il tuo stile di scrittura? A chi altro ti ispiri? E secondo te, in Italia può prendere piede questo filone Hip Hop underground?
Grazie del complimento, Roc è tra i miei artisti preferiti. Mi piace la sua attitudine, come ha costruito la sua carriera solista rimanendo nell’ombra ed il rapper che mi ha fatto capire come i miei viaggi musicali fossero realizzabili, dandomi un esempio sonoro concreto al quale rifarmi. Forse in comune abbiamo il gusto per gli stessi mood supersoul ma deep e scuri e, a livello di scrittura, il saper costruire i testi su più livelli di immagini mischiando il crudo al velluto ma non ho il suo immaginario così pimpstyle e hustler (lol); in generale quando scrivo non mi ispiro a nessun artista ma solo alla mia vita. L’underground Italia esiste già, ci sono sia artisti che ascoltatori, mancano un po’ le situazioni e il mercato è piccolo.
Spesso nei tuoi testi fai riferimenti ad artisti e opere di arte classica e contemporanea…
Parlaci di questa tua passione e di come e perchè ti piace sovrapporre l’immaginario urbano legato all’Hip-Hop a quello artistico o letterario.
Tutte le risposte che ti ho dato fino ora vanno a completare quest’ultima domanda. Non faccio street rap ma conosco il quartiere, non faccio il rapper da professore, ma ho studiato e mi piace che la mia roba sia di cultura ma non didascalica. Negli anni mi sono sempre più appassionato all’arte, partendo da quella classica fino a quella odierna e in questo mi ha aiutato lavorare in un museo d’arte contemporanea. Questo equilibrio tra i vari aspetti del mio passato, del presente e un certo sguardo distopico verso il futuro credo siano gli ingredienti dei miei testi e quello che fa spiccare la mia scrittura tra le altre penne da sempre e a prescindere dalle mode del momento.
Un altro mondo a cui fai spesso riferimento è quello degli sport da combattimento, di cui, anche noi, siamo appassionati… Parlacene. E chi sono i tuoi campioni preferiti al momento e quali sono, secondo te, le analogie con la musica Hip Hop?
Si amo molto gli sport da combattimento; tentai a 16 anni un primo approccio alla thai ma mollai dopo un anno. A 20 anni aiutai un mio caro amico ad aprire un negozio di streetwear in via Gola e conobbi Spen, un ragazzo che all’epoca lavorava di fronte a noi e praticava assiduamente la thai e che mi convinse a riprovare portandomi in palestra, dove alla fine mi iscrissi iniziando però col pugilato classico. Al mattino lavoravo, al pomeriggio mi allenavo e la sera andavo a scuola al serale, dove ho frequentato l’ultimo anno di scuola; mi ricordo che fu un anno devastante ma pieno di soddisfazioni e per questo non smetterò mai di ringraziare il mio bro Spen. Da li non ho più smesso, sono passato dalla boxe, al grappling, per poi finire alla lotta libera e alla luta livre; sento ancora oggi la necessità della forma fisica e di una valvola di sfogo.
Per me ora lo sport è una colonna portante del mio essere uomo, mens sana in corpore sano come dicevano i romani. Non ho un unico campione di riferimento; nella boxe potrei dirti Miguel Cotto o Felix Trinidad ma anche Winky Wright per la sua abilità nella difesa; nel grappling Marcelo Garcia e nella lotta ti dico Saitiev e Chamizo. Nelle MMA sono tantissimi di campioni che mi hanno appassionato; ti cito solo Stefano Paternò perché oltre ad essere italiano, è un bravissimo ragazzo e mi fa piacere vedere i risultati che sta raccogliendo. Riguardo le analogie non saprei, forse l’applicarsi alla musica come allo sport nasconde voglia di rivalsa e richiede tempo e sacrificio.
Dai tempi in cui il tuo nome d’arte era Lu Prinz ad oggi, com’è evoluto il tuo stile? Qual è l’aspetto in cui ti senti migliorato maggiormente e perché?
Il mio primo nome è stato Prinz, poi diventato Lukiddu e infine Silla nel 2015. Si può dire che ogni moniker sia coinciso con una fase della mia scrittura; un inizio acerbo, un’ evoluzione dove tentavo di dire troppe cose in una strofa, perdendo molto spesso il filo e un presente dove penso di aver trovato maggiore equilibrio tra i vari aspetti della mia scrittura. Sicuramente mi sento migliorato, scrivo da una vita e appartengo ad una generazione di rapper che prima di registrare in studio una canzone impiegava mesi, quindi quando accendo il microfono so bene cosa voglio. Ultimamente mi sto producendo anche la parte grafica e i beatz perchè mi piace l’idea di poter assecondare la mia ispirazione e il mio mood con una certa indipendenza produttiva.
Tu e Weirdo avete un’ottima sintonia e vi completate perfettamente: come è nato il vostro rapporto di collaborazione e come si svolgono le vostre sessioni in studio? Oltre a Weirdo, con quale produttore vorresti, o ti vedresti meglio, collaborare ? Per quanto riguarda invece altri rapper?
Weirdo è un king del beatmaking italiano e su questo non si discute. Mi fa piacere che abbia scelto di lavorare con me perché comunque ha scelto di dedicare tempo ed energie ad un artista che dopo aver cambiato identità artistica è ripartito da zero; entrambi inoltre siamo adulti e a volte sulle scelte hanno la meglio altri criteri rispetto a quelli artistici, è perfettamente comprensibile, ma così non è stato per noi. Forse ci siamo trovati perché entrambi abbiamo raggiunto una certa maturità artistica e abbiamo gusti molto spesso sovrapponibili; ci piacciono le stesse raffinatezze.
Non lavoriamo in studio ma ognuno crea da casa e poi ci troviamo in fase di registrazione per appianare il tutto; abbiamo vite diverse e ritmi produttivi diversi e sarebbe infattibile dedicare ore della giornata a produrre assieme. Le robe che mi piacerebbe fare me le produce lui e come accennavo sopra produco anche da solo, ma non mi precludo la possibilità di lavorare con altri beatmaker in futuro, vedremo; ci sono alcune realtà interessanti in Italia, apprezzo molto quello che fa la TuffKong Records per la scena underground ad esempio. Ho anche altre collaborazioni in cantiere che non posso svelare. Per quanto riguarda i rapper, non sono uno che ricerca l’ambiente e le collaborazioni ad ogni costo; sicuramente sentirete ancora qualcuno con me sulla traccia o magari su i miei beatz e sarà il risultato di una reciproca stima artistica, così com’è stato per le collaborazioni che ho fatto in passato.
Ora che tu e Weirdo avete iniziato a fare rumore nella scena underground italiana…Cosa ti aspetti? Vi siete chiesti dove potreste arrivare e quali sono gli step da seguire? Hai obiettivi/ambizioni particolari?
Onestamente non mi aspetto nulla, le aspettative uccidono le persone e l’arte. Il mio obbiettivo è continuare a fare musica non pensando a vetrine, numeri e hype perché rappresentano talvolta una visione veritiera ma malsana della realtà.
Hai intitolato il tuo ultimo progetto “Pericle in Quarantena”…Innanzitutto, perché Pericle? E sopratutto come hai passato questo periodo? Che idea ti sei fatto di tutto quello che sta succedendo?
Pericle in Quarantena è un progetto che ho creato da zero e finito in circa 10 giorni durante l’inizio del periodo di emergenza che stiamo vivendo. Ho fatto in tempo a portare a casa mia microfono, scheda audio e robe varie per produrre. Ho scritto tutti i pezzi da zero, ho prodotto 3 dei 5 beatz e chiuso le grafiche in circa 10 giorni, cacciando fuori un lavoro marcio ma ben fatto. Riguardo al titolo, questa situazione di chiusura ed emergenza sanitaria mi ha ricordato quella vissuta da Pericle, personaggio della politica ateniese del V secolo a.C., morto di peste durante la Guerra del Peloponneso dopo che scelse di chiudere tutta la popolazione all’interno delle mura cittadine per evitare lo scontro diretto con Sparta; se volete approfondire leggete Tucidide che ve lo spiega meglio.
La contemporaneità è difficile da decifrare e ora è ancora troppo presto per parlare di quello che vivremo a livello politico, economico e sociale nei prossimi mesi o anni. Sicuramente ha colpito e spaventato un po’ tutti conoscere la vulnerabilità della scienza; di questo virus si è detto tutto e il contrario di tutto in poco tempo. Noi siamo deboli e la medicina conosce i fallimenti prima delle vittorie, lo stiamo vedendo proprio in questi giorni.
Quali sono i prossimi progetti a cui stai lavorando?
Ora sto approfittando per produrre più beatz possibili perché quando riprenderò a lavorare avrò molto meno tempo. Con Weirdo stiamo gettando le basi per il Dioscuri In Tuxedo 2, abbiamo già in cantiere una collaborazione con un artista storico italiano che ci rende orgogliosi; abbiamo anche un altro paio di cartucce grosse da sparare ma le sentirete a tempo debito.
DDDictator!