Howen Poison: The Graffiti Rocker
Abbiamo intervistato il writer romano Howen Poison, il cui nome ha viaggiato per decenni su centinaia e centinaia di vagoni della metropolitana della Capitale. E abbiamo parlato proprio di questo.
Bella Howen Poison! Grazie per averci dato la tua disponibilità a rispondere a qualche domanda. Possiamo tranquillamente dire che nella scena dei graffiti romana e d’Italia il tuo nome è diventato un’istituzione, girando su tantissimi treni e metropolitane di Roma già negli anni ‘90. Cosa significa/significava per te lasciare il tuo nome sui vagoni?
Lasciare il mio nome sui vagoni, ma più in generale lasciare il mio nome ovunque, significa per me avere la possibilità di poter da vita alle mie emozioni e sensazioni del momento; il tutto spinto da una passione per un qualcosa che alla fine non puoi neanche spiegarti fino in fondo il perché. Un perché che credo sia da ricercare nei meandri dell’essere umano, ma ad ogni modo, quando c’è questa passione, qualunque sia l’attività, le cose riescono meglio.
Quando e perché hai iniziato a scrivere? Quali sono stati i tuoi primi passi in questa cultura? E quali sono i tuoi primi ricordi legati all’Hip-Hop e agli spray?
I miei esordi come writer risalgono all’estate del 1994, zona litorale sud romano, quando un mio amico d’infanzia dovendosi iscrivere alle scuole superiori, andò a Roma per la visita dell’istituto che aveva scelto, e nel tragitto ebbe il suo primo incontro con i graffiti. Al suo ritorno mi parlò della cosa, e decidemmo di provare a farne uno. Anche se non avevo capito bene di cosa si trattasse, scelsi la mia firma, che erano poi le iniziali del nome e cognome, andammo dal ferramenta a comprare delle bombolette spray, e trovammo un muro da imbrattare lungo il fiume del paese, dove nessuno potesse disturbarci.
Vivendo in un paese a una trentina di chilometri da Roma, dove le scritte sui muri praticamente non esistevano, non avevo idea di che cultura ci fosse dietro, e quanto altrove fosse proprio uno stile di vita: l’Hip Hop non si sapeva neanche cosa fosse, si passavano i pomeriggi in comitiva, girando coi motorini, andando al bar, biliardino, ecc.., e ogni tanto mi prendeva lo schizzo di andare a fare qualche…schizzo!
Puoi raccontarci delle prime crew e di come sei entrato a farne parte? Di che crew fai parte ancora oggi?
All’inizio non avevo una crew, dopo un’annetto circa ho iniziato a scrivere NCL, ovvero Non C’è Limite, e eravamo io e il mio amico, anche se lui ormai già da un pezzo si dedicava ad altre passioni e ci siamo frequentati giusto il tempo necessario per attaccarmi sta fissa dei graffiti… lo scrivo tutt’ora e per anni è stata l’unica crew che ho scritto, più che altro per motivi affettivi e perché mi ricorda quel periodo;
Da qualche anno invece, scrivo anche TDS che è una crew di New York, DDS che è una crew inglese, e GT che è una crew di Parigi.
Cosa ci puoi raccontare dell’evoluzione del fenomeno dei graffiti nelle metropolitane di Roma? Chi erano i primi che hai visto scendere e dipingere le metro? E quando e come hai iniziato tu a scendere nei tunnel della città per dipingere?
I primi graffiti che vidi in metro erano stati fatti dalle crew Mt2, Etc e da diversi stranieri che avevano lasciato il segno. Io ho iniziato a interessarmi con costanza alla metro nel 1997; prima di allora, sicuramente anche per motivi legati alla distanza, dipingevo spesso nei dintorni di casa. Ricordo però che quando mio padre mi tolse il motorino, mi dovetti spostare verso Roma per continuare a dipingere, visto che nella mia zona per muoversi la notte bisognava avere per forza un mezzo; fu quindi lo spunto per cominciare a dipingere sempre con maggiore frequenza i vagoni della metro a Roma.
Secondo te, quali sono le principali differenze tra la scena dei graffiti di Roma del passato rispetto oggi?
La scena dei graffiti di Roma del passato, aveva praticamente tutte le linee ferroviarie, metropolitane comprese, completamente dipinte. Questa non è solo una differenza rispetto alla scena presente, ma anche un privilegio che ha avuto chi come me ha dipinto nel passato. Oggi la città è da questo punto di vista europeizzata, puliscono tutto.. e quindi non ci sono più le giornate passate in stazione a guardare i treni pieni di graffit
Ti ricordi il tuo primo treno e delle sensazioni che hai provato? Puoi raccontarci di qualcuna delle tue azioni in yard o in treno che ti hanno segnato maggiormente o che reputi “clamorose”?
Eh si, come dire, il primo treno non si scorda mai! Ho provato tutte le sensazioni che provo in genere quando vado a disegnare, con in più per la prima volta, quella dose di adrenalina che non hai quando dipingi in posti tranquilli e non controllati. E stato fichissimo.
Tra le tante azioni quella che reputo più clamorosa è quella che vissi nel 1999.. più che altro per la fuga: stavo quasi per finire di dipingere un bel vagone della metropolitana, quando vidi arrivare in fondo al tunnel una decina di Security. Altro che adrenalina. Corsi subito per le scale verso la porta di emergenza per uscire, ma questa l’avevano bloccata da fuori; feci un attimo il punto della situazione, da un lato del tunnel arrivavano dieci persone, dall’altro lato del tunnel c’era il muro perchè la linea finiva, e la porta di emergenza era bloccata. Ero praticamente in trappola, e ho pensato intanto di riscendere le scale e andarmi a nascondere sotto i treni, ma attaccato sotto il treno, mimetizzato fra la meccanica.. hanno continuato a cercarmi tutta la notte senza trovarmi, ma dovevo inventare presto qualcosa, perchè da li a poco i treni dovevano entrare in servizio, e non volevo trovarmi ancora fra gli ingranaggi. Tra un nascondiglio e l’altro, mi spostai fino alla testa del treno, dove potevo vedere che i Security, stanchi di cercare, erano andati a sistemarsi all’imbocco del tunnel, unica via di fuga. Li vedevo a una ventina di metri da me, alcuni seduti sui binari, alcuni addirittura sdraiati, perchè tanto sapevano che per forza da lì dovevo passare. E lo sapevo pure io. Ho scelto di puntare tutto sul fattore sorpresa: contando sul mio allenamento da calciatore, dovevo bruciare a freddo quella ventina di metri che mi separavano dai Security, dribblando e passando quelli in piedi prima che quelli seduti riuscissero a alzarsi, correre poi per un altro centinaio di metri con tutti loro alle spalle fino alla prima stazione, sperare che i cancelli della stazione fossero ormai aperti, e uscire. Andò così. Ed è stato clamoroso… anche per i Security!
Quali erano per te gli ingredienti essenziali che non potevano mancare quando preparavi un’azione?
Dato il fatto che si trattava praticamente sempre di metro, gli ingredienti principali erano l’ottimismo e la voglia di fare. Come ingredienti non erano di per se sufficienti, ma senza questi era inutile uscire di casa.
Come definiresti il tuo stile e come è evoluto nel tempo? Che altre tecniche e supporti ti piace utilizzare oggi? Chi erano le tue fonti d’ispirazione?
Lo definirei essenziale. Da questo infatti il nome che accomuna, anche se ciascuno col suo titolo, i miei ultimi lavori, gli Exentials. I quali rappresentano per me il punto attuale dell’evoluzione del mio stile nel tempo. La definirei una tappa, o comunque un momento evidenziato con un marcatore nella linea temporale della mia evoluzione.
Supporti e tecniche che uso alla fine sono le più varie, ma lo spray resta sempre la tecnica preferita.
Più che di fonti di ispirazione parlerei di influenze, due delle quali molto determinanti nella formazione del mio stile attuale: vivere in una città come Roma con la sua particolare scena dei graffiti; e il fatto di dipingere molto la metro, dove nella maggior parte delle volte non potevi fare altro che l’essenziale!